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Non ricordo com’è che finimmo nel banco insieme.
Forse non restavano molti posti liberi, io non conoscevo nessuno e tanto valeva mettersi lì.
Sono quasi sicura che, quando arrivai, lei fosse già seduta, perché per tutto l’anno il posto accanto al muro – il più protetto, il più nascosto – fu il suo e sono certa che, se ne avessi avuta la possibilità, mi ci sarei seduta io.
Una terza fila tattica, non troppo esposta ma nemmeno sfacciatamente rimpiattata. Come a dire: ci metterò la buona volontà, ma non mi chiedete troppo.
Debora era bionda, paffutella e simpatica. La ricordo con le mani affondate nelle tasche dei jeans troppo lenti – quei jeans scampanati e smangiucchiati in fondo che hanno caratterizzato la nostra adolescenza – le spalle chiuse, a mo’ di protezione, e il passo strascicato. Postura di chi affronta il mondo giocando in difesa, ostentando una sicumera che fa acqua da tutte le parti.
Se abbiamo legato è sicuramente merito suo; superava la timidezza innata meglio di me, grazie alla spontaneità e al senso dell’umorismo. Il lato comico del mondo mi sarebbe sfuggito ancora per molto tempo e fu solo grazie a lei che riuscii ad averne qualche assaggio.
Non ci frequentammo mai al di fuori della scuola, anche se mi raccontava quotidianamente del suo mitologico fidanzato e dei loro tormenti amorosi. Da parte mia, impacciata e vergognosa come ero, c’era ben poco da raccontare e per lo più ascoltavo.
Fu un anno difficile, molto. Lo ricordo grigio e tetro, con una spessa nebbia che mi avvolgeva la testa, la medesima nebbia dalla quale ogni mattina vedevo sorgere quella fortezza che mi ingoiava nelle sue antiche viscere. Persone, ambiente, sistema: tutto era nuovo, e per me incomprensibile. Il disagio era costante e profondo.
Gomito a gomito, ogni giorno ci facevamo attraversare le orecchie da declinazioni, accenti acuti e spiriti aspri, e mentre il Medioevo Ellenico si dispiegava davanti a noi in tutta la sua portata, le nostri menti vagavano lontano, oltre gli alberi del giardino e la vallata sottostante.
Abbiamo condiviso il timore delle interrogazioni, le scene teatrali della prof. isterica e gli sguardi di ghiaccio di quella fragile come il vetro. L’incertezza del primo anno, la confusione, l’insicurezza cronica.
Tra i banchi color avorio, i muri bianco sporco e le porte grigio ospedale (psichiatrico), le poche risate che ricordo le devo a lei, che condivideva le mie stesse paure ma era capace di riderci su, anche se con il tremito nella voce. Sarebbe stato un grande insegnamento, se solo avessi saputo coglierlo. Invece, mi ci vollero ancora molti anni di denti serrati e incubi ad occhi aperti.
Negli anni successivi ci allontanammo, esito forse inevitabile di un sodalizio nato per caso.
Quell’anno lo ricordo come un’infinita collana di ore e lezioni per lo più incomprensibili, un sottofondo di angoscia che mi accompagnava sempre, uno spaesamento totale; ma i momenti di sollievo, le risate, la condivisione, li devo tutti a lei.
Mi ha scritto, poco tempo fa, poche parole per dire che mi legge, che le piace il blog, che ha provato qualche ricetta.
Mi ha molto colpito.
Perché quasi nessuno, ormai, fa cose gratuite. Credo che diverse vecchie amiche, conoscenti, compagne di scuola leggano queste pagine, ma sono poche quelle che hanno impiegato il loro tempo per dirmelo. Chi non ci ha pensato, chi se ne è dimenticata, chi non lo fa per noncuranza, chi perché non trova interessante quello che faccio. E, invece, Debora mi ha scritto.
Dalla nebbia di quegli anni, le sue parole mi sono arrivate calde e sincere, e mi hanno reso felice.
La immagino a preparare dolci con le sue bambine, sento la sua voce, che non saprei descrivere ma ricordo benissimo, rivedo quel modo di sorridere ad occhi stretti, come per evitare che il loro scintillìo abbagli chi le sta davanti.
Vedo i capelli biondo miele, i denti perfetti, quel suo stringersi nelle spalle come a volersi scusare, farsi più piccola, quella specie di timore prima di fare una battuta. Mi chiedo se sia ancora così. E penso di sì.
Non so se capiti anche a voi di avere dei tuorli avanzati. Rispetto agli albumi sembrano meno versatili, ma buttarli dispiace sempre. E allora quando trovo una ricetta con soli tuorli me la segno e la tengo pronta per l’occasione.
Quella di oggi è una frolla di Montersino – scoperta in occasione di questa fantastica crostata – che rispetto a quelle tradizionali ha meno burro e zucchero, compensati proprio dai tuorli. Il sapore è piuttosto neutro (potete aromatizzarlo con vaniglia o scorza di limone o di arancio…) e non troppo dolce. Per la gente normale è perfetta da accompagnare con della marmellata, io me li sono mangiati quasi tutti così come sono, semplici e naturali come i dolci che amo di più.
BISCOTTI SOLO TUORLI
Dosi: circa 40 biscotti Tempo di preparazione: 20 minuti Tempo di cottura: 12 minuti per ogni infornata
Ingredienti
- 250 g di farina 0
- 85 g di zucchero semolato (nell’originale è zucchero a velo)
- 85 g di burro morbido
- 85 g di tuorli (circa 4)
- 1/2 bacca di vaniglia
- un pizzico di sale
Mescolate la farina con lo zucchero e i semi ricavati dalla bacca di vaniglia. Unite il burro morbido a pezzetti e lavorate sfregando tra le dita fino ad ottenere un composto bricioloso (metodo sabbiato). Versate i tuorli leggermente sbattuti e amalgamateli prima con la forchetta e poi lavorate brevemente l’impasto con le mani fino a che non è omogeneo. Avvolgete nella pellicola e riponete in frigo per un’ora circa.
Prendete l’impasto dal frigo e tenetelo per un quarto d’ora a temperatura ambiente, così che si riscaldi un po’. Stendetelo sul un piano infarinato allo spessore di 3-4 mm, ritagliate le forme che preferite e cuocete a 170°C per 12 minuti circa.
L’ha ribloggato su virginiaepoie ha commentato:
Preparandosi alla primavera che c’è di meglio dei biscotti?
Biscotti a forma di fiore! 😀
…E poi ti rendi conto che conoscersi da grandi è arrivare dopo il primo tempo! 😉
Vero…? Anche io ho avuto spesso questa sensazione…
I tuoi racconti sono il compendio perfetto alle tue ricette. Le foto sono un plus prezioso! Ps. Tranquilla, anche a me succede la stessa cosa, gli amici disposti a condividere con entusiasmo sincero quello che fai son sempre pochini… 🙂
Grazie Viv! Alla fine, i riscontri più importanti li hai da chi non ti aspetteresti 😉
Oh Alice, dovresti scrivere racconti e pubblicarli, hai il dono di trasportare i lettori nelle tue storie. Sono sicura di aver vissuto parola per parola tutto quello che hai scritto oggi, era l’anno della terza liceo e mi hai risvegliato tantissimi ricordi
Grazie Oriana! E’ la cosa più bella che potessi scrivermi!! 🙂 🙂 🙂
Io ho la certezza che tra i miei amici attuali nessuno segue il mio blog. Qualcuno forse guarda le figure su fb. Probabilmente quello che scivo non è interssante e non suscita nemmeno la curiosità. Figuriamoci le amiche di un tempo che è diventato ormai remoto. Senza contare che io sono uguale. Se qualcuna tiene un blog io proprio non lo so! Bellissimi i tuoi biscotti!
Sì, sicuramente guardare e “likare” le foto su Facebook è molto più immediato! Ma non so quanti di loro poi vengano a leggere…e ancora meno ti fanno sapere se hanno gradito o no. Però, quando succede, forse perché così raro, per me è una grande soddisfazione! 😀
Si credo che sia una soddisfazione. Anche se lo scopo del mio blog era, all’inizio, quello di comunicare ai miei figli ciò che non ascoltano, a volte, farebbe piacere che le persone vicine lanciassero un’occhiata 🙂
Accenti acuti e spiriti aspri… mamma mia che brutti ricordi, quanto l’ho odiato il greco 😀
Hai il potere di creare alla perfezione l’immagine nella mente del lettore, sarà che mi ci rivedo, con i jeans scampanati con l’orlo sempre rovinato. E con la timidezza che ti divora, cercando il conforto delle spalle verso il muro.
E ti assicuro che il post l’ho letto solo perchè mi sono appassionata al racconto, perché a me di tuorli non ne avanzano mai 😛
Un bacio 🙂
Grazie Dani! Che bello sapere che attraverso le mie parole ti ho ricordato il passato, anche se un passato un po’ tormentato. Mi sa che è un aspetto comune di chi ha fatto il classico…ho scoperto che in tanti si rivedono in queste sensazioni. Ma sicuramente è stato formativo! 😉
Che meraviglioso ricordo 🙂 e meravigliosa ricetta… Hai fatto il classico, deduco!
Sì! Ginnasio e liceo…quanti ricordi!!!
Anche io! *-* che meraviglia!
Grazie del delicato racconto e tuffo nel passato. Come al solito le tue foto sono “calde”.
E grazie a te di avere sempre una parola per me… Lo dico sempre, ma davvero mi sei di incoraggiamento!
Belli e buoni, qui da te ci sono tante cose che adorerei provare a cucinare, spero di farcela….ancora non sono cosi brava, anzi, se ti và passa a lasciare un commento, mi farà piacere!
Ma è un caso che entrambe ci siamo rituffate nei ricordi del Liceo negli stessi giorni, o lo prendo come un segno? 😉
Chissà…? Quando ho letto il tuo, il post era pronto.. e ho pensato anche io alla coincidenza. O forse no 😆
Cara Alice, a parte la ricetta della frolla che mi sembra riuscita benissimo ( e che devo provare perchè spesso mi avanzano i tuorli e non so mai bene come usarli!!!), mi hai veramente emozionata con il tuo racconto. Mi hai fatto andare indietro con la memoria a quando un po’ tutte noi a quell’età ci sentivamo impacciate e brutti anatroccoli… e poi mi hai fatto ricordare quando, proprio sui banchi di scuola, è nata l’amicizia con quella che ancora adesso è la mia migliore amica. Avrei sempre voluto parlare di lei in un mio post e poi ancora non sono riuscita a farlo perchè ho paura di non rendere bene l’idea di quanto lei sia stata ed è tutt’ora importante… e invece tu hai trovato delle bellissime parole per descrivere questa bella e dolcissima storia… Grazie davvero!
E lo sapevo perché eri nelle mie corde…perché anche tu hai fatto il classico! E guarda che, odiato o no, si vede, eccome se si vede!
Bello il tuo racconto e belli i tuoi biscotti, sei sempre più completa, bravissima Alice ❤
Ma perché l’hai vissuto così male il liceo? Non volevi far eil classico? Mia figlia invece è affascinata dal greco…E’ vero anche che visto da una certa distanza ci si rende conto di quanto siamo incompleti e piccini in quegli anni e che farsi certe domande adesso non ha senso perché il contesto era diverso e noi eravamo diversi. Io ho ancora le mie amiche di liceo ma sono le mie amiche anche delle medie, delle elementari e anche dell’asilo…sempre le stesse due ! E adesso viviamo sparse per il mondo ma ci siamo, non ci siamo perse anche se non so quanto leggono quello che scrivo. Lo sai che se un bravo psicanalista guardando i tuoi biscotti metterebe insieme una bella analisi ? Ma tu l’hai fatto apposta….
No, Marina, è stato solo il primo anno così difficile! Mi dispiace aver dato questa impressione, per il resto l’ho adorato, è la scuola che rifarei mille volte e che mi ha dato tantissimo, più dell’università. E il mondo classico lo ho nel cuore 🙂
Però la questione dello psicanalista non l’ho capita.. aiuto!!
Ecco…mi sembrava strano ! La psicanalisi è una mia fissazione ma io sono archeologa e non psicanalista 🙂 Beh, parli di questa amica ritrovata e i biscotti sono prima scomposti, vuoti, fatti dai pezzi piccoli che si incastrano perfettamente uno nell’altro e creano alla fine un biscotto che ha trovato ogni parte di se…
Ma che bella questa interpretazione, non ci avevo pensato! Mi piace 🙂
E comunque…anche io sono archeologa!!
Ma guarda te!! Nulla è casuale…le affinità non tradiscono mai !
Vero! 😊😊😊