Bicchierini di cioccolato con crema di pistacchio

E questa è la Settimana Nazionale del Cioccolato! E ne è ambasciatrice la mia cara Annarita Rossi. Sarà colpa sua se in questo periodo sto sviluppando una dipendenza dal cioccolato più forte del solito? Di giorno in giorno mi dico che devo rallentare e invece quello splendido uovo con nocciole pralinate scompare sempre più velocemente. E non era l’unico che avevo.

Ma tra poco le alte temperature non concederanno più questo consumo indiscriminato (vuol dire che passerò al gelato), quindi tanto vale approfittarne.

Ma ha senso parlare di cioccolato? O si dovrebbe piuttosto parlarne al plurale? Le differenze tra i vari tipi di cioccolato sono così grandi che quasi non sembrano la stessa cosa. Facciamo un po’ di ordine.

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Cioccolato fondente. Composizione: pasta di cacao + zucchero + burro di cacao.
Da molti è considerato il solo vero cioccolato. Ha un aspetto lucido, un profumo intenso di cacao, con note speziate. Croccante se lo si spezza, deve sciogliersi velocemente in bocca e lasciare una sensazione quasi sabbiata. La percentuale di pasta di cacao che contiene viene usata come discrimine per la classificazione commerciale:
fino 30% – cioccolato comune
fino al 43% – cioccolato finissimo
oltre il 45% – cioccolato extra
L’eccellenza, tuttavia, inizia sopra al 65% ed è in questo tipo che è possibile distinguere meglio gli aromi e i profumi dei diversi cru, ossia i vari tipi di cacao di partenza.

Cioccolato al latte. Composizione: zucchero, latte, burro di cacao, pasta di cacao (almeno 20%).
Contiene alte percentuali di zucchero, mentre il cacao vero e proprio (la pasta) ricopre un ruolo minoritario. Meno croccante del fondente, emana un intenso odore vanigliato, associato a quello di caramello e miele. E latte, ovviamente. Gli Aztechi non utilizzavano il latte nelle loro bevande a base di cacao; fu un’introduzione europea, al fine di contrastare il sapore amaro delle fave tostate. La prima tavoletta al latte nasce nel 1875 da Daniel Peter, grazie al latte condensato di Nestlè, che risolse i problemi di conservazione che dava invece il latte allo stato liquido.

Gianduia. Composizione: nocciole + pasta di cacao (almeno 30%) + zucchero (latte facoltativo).
Nasce a Torino nel 1865 (prima di quello al latte, quindi!) da un’idea di Caffarel e Prochet. Alcuni sostengono che l’impasto gianduia sia nato addirittura nel 1806, con l’inserimento di una parte delle nocciole delle Langhe per ovviare alla scarsità di cacao, oggetto del blocco commerciale imposto da Napoleone per le merci provenienti dalle colonie.

Cioccolato bianco. Composizione: zucchero + burro di cacao + latte in polvere.
Tecnicamente non dovrebbe neanche chiamarsi cioccolato, poiché la pasta di cacao è assente. Di color avorio e dal netto profumo di vaniglia, viene usato soprattutto in pasticceria, per farciture e decorazioni. Ha un punto di fusione più basso rispetto agli altri.

E ora vorrei sapere quale è il vostro preferito!
Intanto, vi lascio dei bicchierini ripieni, ispirati blog Bojon Gourmet, con le opportune modifiche.

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BICCHIERINI DI CIOCCOLATO CON CREMA DI PISTACCHIO

Dosi: circa 20 pezzi        Tempo di preparazione: 1 h e 30′

Ingredienti

  • 200 g di cioccolato fondente al 70%
  • 20 g di burro
  • 110 g di pistacchi tostati e salati + 20 g in granella
  • 1 cucchiaio di miele di sulla (o di acacia)
  • 1 cucchiaio di olio di semi

Procedimento

Tritate i 110 g di pistacchi al mixer insieme al miele e all’olio fino ad ottenere una pasta morbida. Se avete un mixer comune, come il mio, serviranno 10-15 minuti, inframmezzati da qualche sosta per non surriscaldarlo.

Temperate 130 g cioccolato seguendo questo procedimento. Il temperaggio vi porterà via poco tempo ed è un’operazione fondamentale per ottenere dei cestini croccanti e lucidi.
Riempite un pirottino di silicone (i miei avevano diametro di 2 cm alla base) con il cioccolato temperato fino all’orlo, poi rovesciatelo subito sopra alla pentola con il resto del cioccolato, lasciandolo sgocciolare qualche secondo per far fuoriuscire quello in eccesso. Procedete così con tutti i pirottini.

Quando i gusci saranno solidificati, riempiteli con la pasta di pistacchi, lasciando almeno 1 mm fino al bordo del pirottino.
Sciogliete il resto del cioccolato insieme al burro, amalgamate e fate raffreddare fino a 32°C circa, poi versate nei pirottini per chiuderli. Non mettete subito la granella di pistacchi sopra perché andrebbe a fondo; aspettate qualche minuto ma non troppo, prima che la superficie si indurisca completamente.

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Note:

  • in alternativa ai pirottini di silicone potete usare quelli di carta ma sono più difficili da gestire perché poco sostenuti.

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Cioccolatini morbidi alle arachidi e le amiche del cuore

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Ogni volta mi stupisco di quel filo sottile che mi unisce alle amiche di lungo corso, che oggi vivono lontane.
Non quelle di infanzia, che sono un genere a parte, ma quelle conosciute all’università, in situazioni e anni in cui è fisiologico stringere amicizie profonde, feconde di confronti e aperture reciproche.

Ormai le sento piuttosto di rado, ognuna impegnata su percorsi molto diversi dalle altre, separate da chilometri e da tempi di vita contrapposti, ma ogni tanto ci vediamo. E mi sorprende sempre la facilità con cui torniamo ad essere noi, la familiarità di gesti ed espressioni che rimangono identici nel tempo.
Eppure a questa età i cambiamenti si vedono: ogni volta le scopro più donne, adulte (non vecchie, per carità!); nelle loro millimetriche trasformazioni vedo riflesse le mie, e mi capisco un po’ di più.

Sono le amiche non invadenti, che sanno dove fermarsi, capaci di comprenderti anche quando non parli, perché hanno una sensibilità quasi magica. E perché ti conoscono anche laddove tu pensavi di esserti nascosta bene.

Sono le amiche che, per destino, erano al mio fianco nei momenti più difficili; che hanno capito, che sono state in silenzio a guardarmi da lontano, non potendo fare altro, mentre sui loro volti leggevo la preoccupazione impotente e una sollecita disposizione a soccorrermi qualora glielo avessi permesso.
Quelle stesse che poi hanno gioito per il mio equilibrio ritrovato, anche se in quel momento erano loro a trovarsi fuori rotta, sperse.

Quelle che quando mi chiedono “come stai?” lo intendono veramente, lo sento dal tono della voce, dal silenzio che segue e che si aspetta una riposta vera, che parli di me.

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Ancora oggi, quando abbiamo la fortuna di incontrarci, leggo nei loro gesti una cura che è solo quella di chi ama. Mi commuove, e non mi sento all’altezza, io così poco affettuosa, forse viziata, sicuramente più egoista. Mi sembra di percepire un’amorevole indulgenza verso le mie piccole fissazioni, i miei bisogni, i miei fisiologici momenti di silenzio. Un’attenzione che mi fa sentire amata, protetta e grata.

Questo forte legame che ci unisce, invisibile, lo sento ancora più potente quando mi scopro capace di condividere la gioia di una di noi come se fosse la mia. Una gioia inaspettata, che riaffiora alla mente durante la giornata e mi fa sorridere di dolcezza, di piacere, di felicità.
Forse non è così importante essere vicine. Lo siamo già.

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L’ispirazione per questi cioccolatini viene da Cioccolatini e praline, Ed. Il Sole 24 Ore, 2011, dal quale avevo ripreso anche queste praline. Rispetto all’originale, ho raddoppiato la quantità di arachidi perché mi sembrava che si sentissero poco. Questo ha reso la ganache un po’ più solida, il che è stato un bene perchè altrimenti sarebbe stato difficile ricoprirli. Se invece volete usare la ganache come ripieno di gusci di cioccolato, potete anche mantenerla più morbida, ma sappiate che le arachidi si sentiranno meno.

Per la copertura avete libera scelta ma secondo me il cioccolato al latte è la morte sua. Siete avvertiti!

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CIOCCOLATINI ALLE ARACHIDI

Quantità: circa 30 cioccolatini       Tempo di preparazione: 40 minuti + una notte di riposo       Attrezzatura necessaria: termometro da cucina digitale

Ingredienti

Per il ripieno

  • 110 g cioccolato
  • 100 ml di panna fresca
  • 50 ml di glucosio
  • 40 g di burro a temperatura ambiente
  • 80 g arachidi tostate e salate

Per la copertura

  • circa 250 g di cioccolato fondente al 50% o al latte

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Procedimento

Iniziate con il preparare il ripieno, la sera precedente. Tritate le arachidi al mixer per pochi secondi. Spezzettate grossolanamente il cioccolato e mettete in una ciotola. Scaldate la panna con il glucosio, quando spunta il bollore unite il burro, mescolate rapidamente, poi versatelo sul cioccolato e amalgamate fino a che il composto non sarà omogeneo. Unite le arachidi e amalgamate ancora.
Foderate con carta forno una teglia o un vassoio con fondo piatto e pareti diritte (la mia misurava circa 15 x 18 cm). Versatevi il composto livellandolo in superficie: dovrà avere lo spessore di circa 1 cm. Mettete in frigo per tutta la notte.

Il mattino successivo, togliete il composto dalla teglia con tutta la carta forno e appoggiatelo su un tagliere. Con un coltello affilato tagliatelo in quadrati regolari, rifilando bene i bordi.

Temperate il cioccolato di copertura: trovate tutte le informazioni in questo post. Tenete conto che le temperature da raggiungere sono diverse: 31-32°C per il cioccolato fondente, 28-29°C per quello al latte.
Tuffate un quadratino per volta nel cioccolato temperato in modo che ne sia ricoperto, poi recuperatelo rapidamente con una forchetta di plastica cui avrete staccato due rebbi per farlo scolare meglio. Fate scolare qualche secondo, poi appoggiatelo su un foglio di carta forno.
Procedete fino ad esaurimento dei cioccolatini. Se ad un certo punto vi sembra che il cioccolato si sia solidificato troppo è meglio fermarsi e temperarlo di nuovo.
Se volete decorare la superficie con zuccherini o granella di arachidi, fatelo finché la copertura non è del tutto solidificata.

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Con questa ricetta partecipo a Sedici. L’alchimia dei sapori

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Praline alla pera e Madagascar di Ernst Knam

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La scorsa estate sono stata in vacanza in Belgio e non nascondo che, tra le attrattive di richiamo, c’era anche la rinomata produzione di cioccolatini. Ma nonostante pensassi di essere preparata, ad ogni angolo mi ritrovavo con gli occhi sgranati e la fronte incollata a vetrine che somigliavano più a quelle di boutique di haute couture che non a quelle di cioccolaterie.
Impossibile descrivere l’eleganza, la raffinatezza e la varietà dei cioccolatini che ho visto; sarei rimasta ore ad ammirarne la minuta perfezione. E qualcuno potrebbe dire che, effettivamente, ci sono stata per delle ore: ma non dategli ascolto.

A rendere l’esperienza davvero perfetta, oltre alla calma e all’atmosfera rarefatta delle boutique, erano i cartellini descrittivi accanto ad ogni tipo di pralina, attenzione niente affatto banale. In genere siamo costretti a scegliere in base al solo aspetto, a scatola chiusa, ignari del contenuto di quel piccolo scrigno scuro.
Per chi ama le sorprese, è una goduria. Per me no. Io voglio scegliere prima, voglio sapere cosa c’è dentro e avere il tempo di pensarci su. Sono irrecuperabile, lo so. Ma per me questo è parte del piacere: immaginare il gusto, valutare, soppesare, decidere. E, finalmente, assaggiare.

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Sebbene il Belgio – e le Fiandre in generale – siano stati tra i primi Paesi europei a conoscere il cacao, in virtù della dominazione spagnola che segnò queste regioni dall’inizio del XVI secolo e che aveva importato il cacao dalle Americhe, l’Italia recuperò presto il tempo perduto. Alla fine del Cinquecento, quando gli spagnoli iniziarono ad importare semi di cacao e ad utilizzarli per la cioccolata calda, tenevano ben segreta la ricetta della squisita bevanda. Fu il fiorentino Antonio Carletti a importarla in Italia, nel 1606, dove a poco a poco si diffusero le cioccolaterie, quelle di Firenze e Venezia tra le più famose.
Per secoli, fu questo l’unico modo di consumare il cioccolato: una bevanda aristocratica ed elitaria, alla quale erano attribuiti poteri rinvigorenti e corroboranti.

Per arrivare al il cioccolatino, la strada è ancora lunga. In realtà, le pastiglie di cioccolato esistono dalla fine del Cinquecento, ma i primi cioccolatini a stampo compaiono solo nel 1830, dopo l’introduzione di macinatrici meccaniche in grado di dare al cioccolato una struttura sufficientemente fine. La pralina, invece, ossia il cioccolatino ripieno, è davvero giovane: fu inventata nel 1912 dal cioccolatiere belga Jean Neuhaus. Perché sia di ottima qualità, il guscio deve essere sottilissimo, lucido e croccante, tale da sciogliersi velocemente in bocca per lasciar posto al morbido ripieno. A Neuhaus si deve anche l’invenzione del ballotin, la scatolina – o cofanetto – che contiene i cioccolatini e li protegge, per evitare che si danneggino.
Le possibilità creative fornite dalla pralina sono davvero infinite: potete variare il guscio, combinare uno o più ripieni, aggiungere spezie, aromi, liquori. Un mondo tutto da inventare, del quale è impossibile stancarsi.

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Dopo tutto questo preambolo avrete capito che l’Italia ha un ruolo molto importante nella produzione (e nel consumo) di cioccolatini e non potevo proprio mancare ai festeggiamenti per la Giornata nazionale dei Cioccolatini, di cui è ambasciatrice Elena Arrigoni.

Chi mi segue saprà che sto parlando del Calendario del Cibo Italiano promosso dall’Associazione Italiana Food Blogger, un progetto lungo un anno, che  si propone di diffondere la cultura e la tradizione gastronomica dell’Italia, attraverso l’istituzione di un calendario in cui si celebrano, in 366 giornate e 52 settimane nazionali, i nostri piatti e i prodotti più tipici.

Ogni settimana è dedicata all’approfondimento di un tema scelto fra quelli che hanno maggiormente influito sulla storia della gastronomia italiana, mentre ogni giorno dell’anno è dedicato alla celebrazione di un piatto o di un prodotto tipico che ci ha reso famosi nel mondo.

Mi ero già cimentata un paio di volte (con le praline fondenti e le praline al cioccolato bianco), con buoni risultati, ma avevo voglia di provare nuovi gusti. Così ho chiamato la mia fidata compagna di praline, che già da tempo fremeva per tornare in attività, e ci siamo regalate un pomeriggio a tutto cioccolato.
Abbiamo scelto una ricetta dell’arcinoto Ernst Knam, che unisce il fondente del Madagascar alla freschezza della pera, frutto ancora di stagione. La ricetta viene dal libro Cioccolatini e praline, ed. Il Sole 24 Ore, 2011.

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Rispetto all’originale – con tutto il rispetto di Knam – abbiamo sostituito il fondente 67% del ripieno con uno al 50%, e dopo averli assaggiati siamo convinte che sia stata una buona intuizione perché altrimenti il cioccolato avrebbe prevalso troppo sulla frutta.
Invece di acquistare delle pere sciroppate, inoltre, ho preferito farle in casa, poche ore prima di fare i cioccolatini (vedi note in fondo alla pagina).
Infine, le dosi della purea di pera sono maggiori rispetto a quelle di Knam, perché a noi è sembrata un po’ scarsa; meglio farne un po’ di più e decidere sul momento quanta utilizzarne.

Cercherò di descrivere il dettagli i passaggi e le fasi di lavorazione, rimandando anche ai miei post precedenti. Se siete interessati all’argomento vi segnalo questa pagina della famosa casa Callebaut, con dei video didattici che ho trovato molto utili.

PRALINE PERE E MADAGASCAR

Quantità: circa 30 praline       Tempo di preparazione: 1 h + 2 h totali di riposo

Attrezzatura indispensabile: termometro digitale; stampi in silicone o policarbonato per cioccolatini.

Per il guscio

  • circa 300 g di cioccolato fondente Madagascar 67%

Per il ripieno

  • 125 g di cioccolato fondente al 50% (nell’originale: Madagascar 67%)
  • 125 ml di panna fresca
  • 200 g di pere sciroppate (vedi note in fondo)
  • 80 ml di succo di pera (nell’originale: liquore alla pera)

1. Iniziate preparando la ganache. Tritate grossolanamente il cioccolato e mettetelo in una ciotola. Portate ad ebollizione la panna, poi versatela sul cioccolato e amalgamate con una spatola fino ad ottenere un composto omogeneo. Mettete in frigo a rassodare.

2. Passate poi alla purea di pere. Frullate le pere con il liquido prescelto (liquore, succo di frutta o liquido di governo delle pere) e mettete in frigo.

3. La parte più difficile è il temperaggio del cioccolato, essenziale per ottenere gusci lucidi e che si rompono in maniera netta. Vi spiego tutto in questo post dedicato.

Una volta temperato il cioccolato fondente, quando avrà raggiunto la temperatura di 32°C circa versatelo negli stampi appositi, riempiendo ogni alloggiamento e sbattendo leggermente 3 o 4 volte sopra al piano di lavoro per evitare la formazione di bolle d’aria. Subito dopo capovolgete lo stampo sopra alla ciotola dove avete fuso il cioccolato, così che il cioccolato in eccesso scivoli via e rimanga solo quello necessario a formare i gusci. Ripulite gli stampi facendovi scorrere sopra una spatola, per portare via i residui di cioccolato fuso e fate raffreddare 15 minuti a temperatura ambiente e 15 minuti in frigo. Nel frattempo, procedete alla stessa operazione con gli altri stampi. Se il cioccolato si è raffreddato troppo e risulta difficilmente lavorabile, temperatelo di nuovo.

4. Quando i gusci si sono raffreddati, riempiteli prima con uno strato di ganache al cioccolato, poi con uno di composto di pere. Con un sac-à-poche farete un lavoro più preciso ma potete anche usare semplicemente un cucchiaino, se i composti non sono troppo densi. Restate almeno 1 mm al di sotto del bordo dello stampo: quello spazio servirà per chiudere le praline. Rimettete in frigo per un’oretta.

5. Temperate nuovamente il cioccolato fondente al 67% e procedete alla chiusura sei cioccolatini. Versate il cioccolato temperato sugli stampi e poi livellatelo con una spatola, in modo che la basi risulti perfettamente piana (operazione non facile!). Fate raffreddare 15 minuti a temperatura ambiente e 15 minuti in frigo, poi sformate con delicatezza i cioccolatini.

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Note

  • La temperatura dell’ambiente in cui lavorate è determinante: 24-25°C sarebbe l’ideale per avere tempo sufficiente per lavorare il cioccolato prima che si solidifichi troppo. Questa volta a casa mia era piuttosto freddo (intorno ai 18°C) e abbiamo avuto non pochi problemi a riempire i gusci perché il cioccolato si raffreddava davvero troppo velocemente. Valutate se sia il caso di accendere un po’ di riscaldamento extra per non complicarvi la vita…
  • Non amo la frutta sciroppata che si trova al supermercato, così l’ho fatta da sola, a partire da una pera Abate. Ho portato ad ebollizione 50 g di zucchero e 70 g di acqua, poi ho unito la pera sbucciata e tagliata a dadini e ho fatto cuocere per 10 minuti. Ho spento, coperto il pentolino e lasciato raffreddare per alcune ore. Al momento di fare la purea, in sostituzione del liquore alla pera (o del succo di frutta) potete usare anche parte dello sciroppo che si sarà formato durante la cottura. L’importante è che valutiate bene la quantità di liquidi, difficili da definire con precisione perché dipendono anche dalla consistenza del frutto. In linea generale, vi consiglio di restare bassi, per non avere un purea troppo liquida e difficilmente gestibile.
  • Noi abbiamo usato stampi in silicone di varie marche e abbiamo notato una resa diversa dall’uno all’altro. Anche dalle foto si vede che alcuni cioccolatini sono più lucidi e altri meno e, se in parte dipende da un temperaggio più o meno riuscito, in alcuni casi era evidente che lo stampo ha fatto la differenza. Vi consiglio di scegliere una buona marca (noi avevamo Silikomart) oppure, meglio ancora, sarebbero quelli in policarbonato, che però sono più cari e più difficili da trovare nei negozi. Credo che sarà il mio prossimo acquisto.

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Bibliografia:

K. Kodorowsky, R. Hervé, Piccola enciclopedia del cioccolato, Rizzoli 1997.