Cioccolatini morbidi alle arachidi e le amiche del cuore

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Ogni volta mi stupisco di quel filo sottile che mi unisce alle amiche di lungo corso, che oggi vivono lontane.
Non quelle di infanzia, che sono un genere a parte, ma quelle conosciute all’università, in situazioni e anni in cui è fisiologico stringere amicizie profonde, feconde di confronti e aperture reciproche.

Ormai le sento piuttosto di rado, ognuna impegnata su percorsi molto diversi dalle altre, separate da chilometri e da tempi di vita contrapposti, ma ogni tanto ci vediamo. E mi sorprende sempre la facilità con cui torniamo ad essere noi, la familiarità di gesti ed espressioni che rimangono identici nel tempo.
Eppure a questa età i cambiamenti si vedono: ogni volta le scopro più donne, adulte (non vecchie, per carità!); nelle loro millimetriche trasformazioni vedo riflesse le mie, e mi capisco un po’ di più.

Sono le amiche non invadenti, che sanno dove fermarsi, capaci di comprenderti anche quando non parli, perché hanno una sensibilità quasi magica. E perché ti conoscono anche laddove tu pensavi di esserti nascosta bene.

Sono le amiche che, per destino, erano al mio fianco nei momenti più difficili; che hanno capito, che sono state in silenzio a guardarmi da lontano, non potendo fare altro, mentre sui loro volti leggevo la preoccupazione impotente e una sollecita disposizione a soccorrermi qualora glielo avessi permesso.
Quelle stesse che poi hanno gioito per il mio equilibrio ritrovato, anche se in quel momento erano loro a trovarsi fuori rotta, sperse.

Quelle che quando mi chiedono “come stai?” lo intendono veramente, lo sento dal tono della voce, dal silenzio che segue e che si aspetta una riposta vera, che parli di me.

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Ancora oggi, quando abbiamo la fortuna di incontrarci, leggo nei loro gesti una cura che è solo quella di chi ama. Mi commuove, e non mi sento all’altezza, io così poco affettuosa, forse viziata, sicuramente più egoista. Mi sembra di percepire un’amorevole indulgenza verso le mie piccole fissazioni, i miei bisogni, i miei fisiologici momenti di silenzio. Un’attenzione che mi fa sentire amata, protetta e grata.

Questo forte legame che ci unisce, invisibile, lo sento ancora più potente quando mi scopro capace di condividere la gioia di una di noi come se fosse la mia. Una gioia inaspettata, che riaffiora alla mente durante la giornata e mi fa sorridere di dolcezza, di piacere, di felicità.
Forse non è così importante essere vicine. Lo siamo già.

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L’ispirazione per questi cioccolatini viene da Cioccolatini e praline, Ed. Il Sole 24 Ore, 2011, dal quale avevo ripreso anche queste praline. Rispetto all’originale, ho raddoppiato la quantità di arachidi perché mi sembrava che si sentissero poco. Questo ha reso la ganache un po’ più solida, il che è stato un bene perchè altrimenti sarebbe stato difficile ricoprirli. Se invece volete usare la ganache come ripieno di gusci di cioccolato, potete anche mantenerla più morbida, ma sappiate che le arachidi si sentiranno meno.

Per la copertura avete libera scelta ma secondo me il cioccolato al latte è la morte sua. Siete avvertiti!

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CIOCCOLATINI ALLE ARACHIDI

Quantità: circa 30 cioccolatini       Tempo di preparazione: 40 minuti + una notte di riposo       Attrezzatura necessaria: termometro da cucina digitale

Ingredienti

Per il ripieno

  • 110 g cioccolato
  • 100 ml di panna fresca
  • 50 ml di glucosio
  • 40 g di burro a temperatura ambiente
  • 80 g arachidi tostate e salate

Per la copertura

  • circa 250 g di cioccolato fondente al 50% o al latte

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Procedimento

Iniziate con il preparare il ripieno, la sera precedente. Tritate le arachidi al mixer per pochi secondi. Spezzettate grossolanamente il cioccolato e mettete in una ciotola. Scaldate la panna con il glucosio, quando spunta il bollore unite il burro, mescolate rapidamente, poi versatelo sul cioccolato e amalgamate fino a che il composto non sarà omogeneo. Unite le arachidi e amalgamate ancora.
Foderate con carta forno una teglia o un vassoio con fondo piatto e pareti diritte (la mia misurava circa 15 x 18 cm). Versatevi il composto livellandolo in superficie: dovrà avere lo spessore di circa 1 cm. Mettete in frigo per tutta la notte.

Il mattino successivo, togliete il composto dalla teglia con tutta la carta forno e appoggiatelo su un tagliere. Con un coltello affilato tagliatelo in quadrati regolari, rifilando bene i bordi.

Temperate il cioccolato di copertura: trovate tutte le informazioni in questo post. Tenete conto che le temperature da raggiungere sono diverse: 31-32°C per il cioccolato fondente, 28-29°C per quello al latte.
Tuffate un quadratino per volta nel cioccolato temperato in modo che ne sia ricoperto, poi recuperatelo rapidamente con una forchetta di plastica cui avrete staccato due rebbi per farlo scolare meglio. Fate scolare qualche secondo, poi appoggiatelo su un foglio di carta forno.
Procedete fino ad esaurimento dei cioccolatini. Se ad un certo punto vi sembra che il cioccolato si sia solidificato troppo è meglio fermarsi e temperarlo di nuovo.
Se volete decorare la superficie con zuccherini o granella di arachidi, fatelo finché la copertura non è del tutto solidificata.

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Con questa ricetta partecipo a Sedici. L’alchimia dei sapori

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Tarte (o crostata) Grenoble di Montersino

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Metti una domenica libera, metti la voglia di andare a trovare i genitori, e metti pure il desiderio di fare una crostata diversa dal solito. Risultato: partiamo al mattino con la torta in macchina e il cielo rischiarato dopo una giornata di pioggia.
Ma si può forse provare una nuova torta e non fotografarla per il blog? Giammai! Così carico anche il minimo di attrezzatura indispensabile, determinata a sacrificare un’oretta prima del pranzo per fare almeno qualche scatto.
Tra l’altro, sono anni che sogno di usare un po’ delle porcellane della mamma per i set fotografici, invece che sfruttare fino allo sfinimento i miei quattro coccini, per cui la fantasia già vola alta, sognando scatti bellissimi e accattivanti.

Ovviamente, arriviamo in ritardo sulla tabella di marcia. Un rapido saluto e inizio subito ad allestire il set che avevo in mente dalla sera precedente.
Comprensibilmente, i miei genitori volevano chiacchierare un po’, il bassotto pretendeva di avere una parte attiva nello shooting e R. –  desideroso di aiutarmi nella mia impresa –  mi osservava con circospezione, cercando di capire come rendersi utile.
Oltre a questo, c’erano il 50 mm nuovo di zecca con il quale non mi raccapezzo ancora per niente, la luce di un ambiente del tutto nuovo e la leggera pressione psicologica di sapere che tutti aspettavano me per il pranzo. Atmosfera distesa, insomma.

Scatto sotto agli sguardi cauti e incuriositi di mamma e babbo, che ogni tanto fanno capolino dalla cucina, non pensando  che “ci volesse così tanto” a fare una foto (e meno male che ho scattato nella metà del tempo che impiego di solito!). Seguono sguardi ancor più interdetti e incuriositi nell’osservazione dell’allestimento del set, tentativi di aiutare accendendo la luce del salotto (NO!!) e, infine, ritorno in cucina con filosofica rassegnazione per questa figlia così particulier.

Risultato: ansia a palla, pranzo ritardato e foto insoddisfacenti.

In compenso, le ore trascorse insieme sono state più piacevoli che mai, tra chiacchiere, risate, racconti  e cose buone da mangiare. E la torta? Era buonissima.

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Ho cercato in diversi siti francesi se esistesse una versione originale di questa torta e, come al solito, non ho fatto altro che confondermi le idee. Mi sono imbattuta in ricette molto diverse tra loro, dove l’unico denominatore comune erano le noci. Alcune volte nel ripieno c’erano uova, burro e farina, ma più spesso ho trovato una sorta di salsa di caramello, così ho optato per questa versione. Tra le varie ricette ho deciso di optare per quella che dovrebbe essere la più garantita, ovvero quella dell’arcinoto Luca Montersino. Mi sono affidata a lui non solo per il ripieno, ma anche per la frolla, molto diversa da quelle che ho usato finora. Ha poco burro e poco zucchero, compensati da un’elevata percentuale di tuorli. Se vi spaventa dover “sacrificare” o riutilizzare così tanti albumi, o se volete un impasto più dolce, potete semplicemente usare una frolla tradizionale o quella a cui siete abituati. Io ho pensato che, data l’elevata dolcezza del ripieno, fosse meglio un guscio più neutro.

Il rapporto tra le dosi di frolla e quelle di ripieno della ricetta di Montersino, secondo me, è sbilanciato perché mi è avanzata una grande quantità di frolla. Vi lascio le dosi “corrette”, così da non avere avanzi.

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TARTE GRENOBLE

Porzioni: 6-8       Tempo di preparazione: 30 minuti + 1 h di riposo       Tempo di cottura: 15′ + 30′

Ingredienti

Per la frolla

  • 250 g di farina 0
  • 85 g di zucchero semolato (nell’originale è zucchero a velo)
  • 85 g di burro morbido
  • 85 g di tuorli (circa 4)
  • 1/2 bacca di vaniglia

Per la farcia

  • 125 g di zucchero semolato
  • 35 ml di acqua
  • 18 g di miele
  • 150 g di noci sgusciate
  • 125 ml di panna fresca

Per lucidare

  • 10 g di tuorlo d’uovo
  • 20 ml di panna fresca

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Procedimento

Mescolate la farina con lo zucchero e i semi ricavati dalla bacca di vaniglia. Unite il burro morbido a pezzetti e lavorate sfregando tra le dita fino ad ottenere un composto bricioloso (metodo sabbiato). Versate sul composto i tuorli leggermente sbattuti, amalgamateli con la forchetta e poi lavorate brevemente l’impasto con le mani fino a che non è omogeneo. Avvolgete nella pellicola e riponete in frigo per un’ora circa.

Mettete lo zucchero e l’acqua in una pentola dal fondo spesso e dai bordi alti (importante) e fate cuocere a fuoco basso fino ad ottenere un caramello piuttosto scuro. A questo punto unite il miele leggermente riscaldato e poi la panna quasi bollente, poca per volta e facendo molta attenzione perché tenderà a fuoriuscire dalla pentola. Spegnete il fuoco, unite le noci, mescolate e fate raffreddare per 15-20 minuti.

Prendete l’impasto dal frigo e tenetelo per un quarto d’ora a temperatura ambiente, così che si riscaldi un po’. Stendetene 1/3 su un foglio di carta forno, allo spessore di 3-4 mm, spennellatelo con il tuorlo leggermente sbattuto con la panna e mettete in frigo. Stendete il resto dell’impasto e foderatevi una tortiera a cerniera precedentemente imburrata del diametro di 18 cm. Versatevi il ripieno di noci e rifilate il bordo, lasciandolo un paio di mm più alto del ripieno.

Riprendete il disco di pasta frolla dal frigo e ricavatene delle strisce con una rotella tagliapasta, che andrete a mettere sopra alla crostata, formando un intreccio. Infornate a 180°C e cuocete per circa 30 minuti.

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Note:

  • le dosi sono per una tortiera da 18 cm di diametro. Per una da 24 dovrebbe bastare raddoppiarle…ma non ho provato!
  • le foto della ricetta di Montersino raffigurano una crostata altissima, quasi 5-6 cm. Secondo me è decisamente troppo per un ripieno così sostanzioso e che rischierebbe di diventare stucchevole: 2, massimo 3 cm mi sembra l’altezza giusta.

Per questa ricetta si ringraziano:

  • il babbo, per aver fornito le noci, nonchè l’aperitivo in fase di shooting (sarà per questo che ho avuto difficoltà con le foto?);
  • la mamma, per aver messo a disposizione stanze, mobili e props;
  • R., per il supporto tecnico e la paziente comprensione;
  • Freccia il bassotto, per l’azione di disturbo e la colonna sonora “Abbai e uggiolii”.

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Florentins

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Fine anno, tempo di bilanci? O di bilance?
Nè l’una nè l’altro, in questi giorni voglio solo stare in pace. A tutto il resto penserò con il nuovo anno, domani, come diceva Rossella O’Hara, eroina della mia adolescenza.

In questi giorni mi va di essere spensierata – più che posso – stare con le amiche, con la famiglia, con me stessa.
Dopo anni, respiro di nuovo un po’ di quel clima vacanziero che caratterizza questo periodo quando siamo fanciulli e, anche se le mie ferie sono finite, mi piace godere del tempo libero come se fossi in vacanza, incontrando amici che non vedo da tempo e cucinando dolci delle feste.

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Questi deliziosi dolcetti sono fatti di mandorle croccanti, qualche candito e un velo di cioccolato fondente alla base.
Si chiamano Florentins, ma a Firenze (e oserei dire anche nel resto d’Italia) nessuno sa cosa siano. Sono invece diffusi due Paesi rinomati per la pasticceria e la qualità del cioccolato: Francia (in particolare in Bretagna, pare) e Belgio, dove ho avuto il piacere di assaggiarli questa estate.
La ragione di questo nome rimane ignota, se vogliamo ignorare la solita leggenda – applicata ormai a un’infinità di dessert – secondo la quale questo dolcetto fu creato da un pasticcere trasferitosi in Bretagna dopo anni di servizio presso la corte dei Medici.

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La prima volta che li ho fatti sono rimasta molto soddisfatta: croccanti e caramellati al punto giusto, senza essere troppo duri. La seconda volta, invece, li ho cotti troppo poco e sono rimasti un po’ molli, e questo non va bene! Almeno la parte esterna deve essere ben solidificata, quindi vi consiglio di fare qualche prova per stabilire i giusti tempi di cottura del vostro forno.

La ricetta è tratta dal numero di novembre 2014 de La Cucina Italiana.

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FLORENTINS

Dose: 10 pezzi grandi (7 cm diametro) o 20 piccoli (4 cm diametro)       Tempo di preparazione: 30 minuti + 1 ora e mezzo di riposo       Tempo di cottura: 15 + 8 minuti

Ingredienti

  • 100 g di panna fresca
  • 100 g di zucchero semolato
  • 120 g di mandorle a lamelle
  • 80 g di canditi misti (per me, arancia e cedro)
  • 30 g di miele
  • 1/2 bacca di vaniglia

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Procedimento

Scaldate la panna con lo zucchero, il miele e i semi di vaniglia a fuoco medio fino a raggiungere 118°C (io ho impiegato circa 15 minuti).
Versatevi le mandorle a lamelle e i canditi tagliati a pezzetti piccoli, mescolate e riempite il fondo di pirottini da muffin in silicone. Fate uno strato sottile solo pochi millimetri e livellate la superficie con il dorso di un cucchiaio.
Infornate a 180°C (ventilato) per 5-6 minuti se gli stampini sono piccoli e 8 minuti circa per gli stampini grandi. Le mandorle devono brunirsi ma senza bruciarsi.
Aspettate almeno un’ora prima di rimuovere dagli stampi.
Temperate il cioccolato (è un’operazione semplicissima, qui vi spiego tutto) e quando ha raggiunto la temperatura di 32°C circa intingetevi delicatamente il fondo dei florentin, fateli scolare un attimo e poggiateli capovolti su carta forno per farli asciugare.

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