Torta margherita con crema di yogurt e fragole

Niente di meglio di una domenica di aprile per festeggiare la Torta Margherita! Oggi è la Giornata Nazionale dedicata a questo dolce della tradizione italiana, secondo il Calendario del Cibo Italiano promosso dall’Associazione Italiana Food Blogger e l’ambasciatrice è Sara, del blog Dolcizie.

La torta margherita prende questo nome – probabilmente – perché una volta cosparsa di zucchero a velo e tagliata a spicchi ricorda visivamente il bianco e il giallo di questo fiore, come se ogni fetta fosse un petalo. E, come la margherita, è semplice ed essenziale.

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Nato come dolce povero, non molto dissimile dal pan di spagna, la torta margherita si è nel tempo arricchita di burro (o olio), il che la fa classificare tra le masse montate pesanti. Le torte che rientrano in questa categoria sono poco battute, hanno struttura alveolare molto fitta e una quantità importante di materia grassa, alla quale viene talvolta aggiunta frutta secca in polvere o pasta di mandorle. Anche per questo, a volte, viene usato del lievito, sebbene la ricetta originale non lo preveda: per aumentarne la leggerezza.

Dal punto di vista chimico, montare le uova per lungo tempo permette la formazione di minuscole bolle d’aria, che si traducono in un aumento di volume. Viene poi aggiunta la farina e si passa alla fase di cottura. Con il calore, gli alveoli d’aria aumentano di volume, producendo il rigonfiamento della torta. Via via che il calore penetra all’interno della massa, fa coagulare le uova così che la torta acquista struttura più solida e può mantenere il volume acquisito senza collassare.

La torta margherita è molto buona anche da sola, come dolce da colazione, ma data la stagione ho pensato di farcirla con fragole e una crema fresca e non troppo pesante. Così, è diventato un ottimo dolce pasquale alternativo alla colomba.

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TORTA MARGHERITA CON CREMA DI YOGURT E FRAGOLE

Porzioni: 8-10      Tempo di preparazione: 40 minuti       Tempo di cottura: 30 minuti

Ingredienti

Per la torta margherita

  • 165 g di uova (circa 3)
  • 130 g di tuorli (circa 6)
  • 130 g di zucchero
  • 125 g di farina 00
  • 80 g di fecola di patate
  • 80 g di burro fuso
  • scorza grattugiata di 1 limone
  • semi di mezza bacca di vaniglia
  • un pizzico di sale

Per la farcitura

  • 250 ml di panna fresca
  • 250 g di yogurt greco
  • 8 g di colla di pesce
  • 130 g di zucchero a velo
  • 500 g di fragole
  • succo di fragole o sciroppo di zucchero q.b.
  • zucchero a velo q.b.
  • scaglie di cioccolato bianco

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Procedimento

Unite lo zucchero, il miele, le uova (lasciando da parte i tuorli) e la scorza di limone. Riscaldate fino a 45-50°C, poi montate con le fruste o la planetaria per 15 minuti almeno; a metà montaggio, unite i tuorli a filo e continuate fino ad avere una massa voluminosa e stabile.
Setacciate la farina con la fecola, il sale e i semi di vaniglia, poi unite delicatamente al composto di uova con una spatola. Prelevate 1/10 del composto e inseritevi il burro fuso tiepido (45-50°C), poi unire al resto, mescolare e versare in uno stampo a cerniera da 22 cm di diametro, che avrete precedentemente imburrato.
Cuocete a 180°C nel forno statico. Dopo i primi 10 minuti inserite il manico di un mestolo nello sportello del forno, così da tenerlo socchiuso e proseguite la cottura per 20 minuti circa. La torta sarà pronta quando, se premuta leggermente con il polpastrello, oppone una certa resistenza e non torna indietro.
Una volta tolta dal forno, sformatela appena possibile e poggiatela su carta forno cosparsa di zucchero per non farla attaccare. Fate raffreddare per alcune ore, poi dividetela a metà con un coltello seghettato.

Mettete la gelatina a bagno in acqua fredda per 10 minuti. Scaldate leggermente 2 cucchiai di yogurt, aggiungete la gelatina strizzata, mescolate per farla sciogliere e unite al resto dello yogurt. Montate la panna ben ferma insieme allo zucchero a velo, unite allo yogurt e conservate in frigo fino al momento dell’uso. Mondate le fragole, tagliatele a pezzetti (ma tenetene da parte alcune per la decorazione finale) e unitele alla crema di yogurt.

Inumidite la superficie della metà inferiore della torta con pochissimo succo di frutta (o con uno sciroppo fatto facendo bollire acqua e poco zucchero), poi distribuite uno strato di crema e chiudete con l’altra metà di torta. Spolverate di zucchero a velo e guarnite con fragole fresche e scaglie di cioccolato bianco.

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Note:

  • prima di tagliare a metà la torta, con un coltello piccolo e seghettato, ho tagliato via tutta la crosticina che si forma normalmente sulla superficie e sui bordi, laddove il calore arriva diretto (reazione di Maillard). Così ho ottenuto che si vedesse l’interno della torta, bello giallo come deve essere.
  • suggerisco di farcirla qualche ora prima (o anche un giorno), così che i sapori si amalgamino bene e al momento dell’assaggio torta e farcia siano…inscindibili!

Bibliografia:

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Torta di ricotta, prugne e semolino

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L’odore delle cartolerie. L’avevo quasi dimenticato. Mi ha colto alla sprovvista, ieri, quando sono entrata per comprare una matita. Mi ha raggiunto all’improvviso, intenso: è un odore di carta, di grafite, di oggetti ordinati e nuovi.
In un attimo, è stato il settembre di tanti anni fa (ma non sembrano poi così tanti), quando trascorrevo in cartoleria pomeriggi interi. Ufficialmente, per fare scorta di cancelleria in previsione del ritorno a scuola; di fatto, per esorcizzare la paura del futuro.

Le cartolerie mi hanno sempre affascinato, tanto che da piccola sognavo di averne una tutta mia e continuavo a fare disegni su come sarebbe stata. Per me erano oasi di calma, con i prodotti impilati e ordinati, distinti per colore, tipo, dimensione. Bolle d’aria rarefatta in cui respiravo un ordine rassicurante, capace di sopire momentaneamente le ansie per l’avvenire. Un rifugio fatto di pagine bianche, lisce e taglienti, ancora tutte da scrivere, che acquistavano un valore simbolico. Un nuovo anno stava per iniziare.

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Perché il vero spartiacque di un anno non è mica San Silvestro. Quello è buono per fare brindisi e banchetti. La ripartenza reale è a settembre, quando le ferie sono finite e si affronta la prospettiva dei lunghi mesi invernali fantasticando su nuovi progetti, che solo qualche volta si concretizzeranno.

Ai tempi della scuola era tutto molto diverso, ma le emozioni di settembre posso riviverle come se fossero attuali. Quel misto di anticipazione e timore in vista di un nuovo anno scolastico, l’elegia dolce dell’estate morente che si mescola alla prospettiva di lunghi pomeriggi invernali, di compiti nella casa deserta, il sole radente e presto scomparso.

Forse è proprio in quegli anni che ho iniziato ad apprezzare l’autunno, e poi ad amarlo profondamente, come se fosse il risultato di un esercizio mentale per sopravvivere alla fine dell’estate. Un esercizio così interiorizzato e ben riuscito che alla fine mi ha portato laddove avrei dovuto trovarmi dall’inizio: a capire che è l’autunno la mia stagione. Una stagione malinconica e nostalgica ma tanto dolce, riflessiva, dove ci si può rifugiare in casa senza bisogno di alibi, soli con i proprio sogni e i propri fantasmi buoni.

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Nei pomeriggi in cartoleria esaminavo con voluttà le schiere ordinate di quaderni intonsi, provavo penne e matite e pensavo al futuro, cercando di volermi bene. Ci sarebbero voluti ancora molti anni, ma era pur sempre un inizio.
Tutto era ancora da scrivere, allora, tutto era aperto alle infinite possibilità che occupavano, vaghe e nebulose, la mia mente. Cosa mi aspettassi, non lo sapevo nemmeno io. Ma di certo, era qualcosa di bello.

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Una torta dal sapore delicato, ottima a colazione o a merenda, dolce ma non troppo. Rimane piuttosto umida e va mangiato con la forchetta. Semplice, sostanziosa e con pochissimi grassi. Un dolce di fine estate, che guarda languido verso l’autunno e allude ai suoi meravigliosi frutti.

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DOLCE DI RICOTTA, PRUGNE E SEMOLINO

Porzioni: 6-8       Tempo di preparazione: 30 minuti       Tempo di cottura: 45-50 minuti

Ingredienti

  • 500 ml di latte
  • 125 g di semolino
  • 250 g di ricotta vaccina
  • 100 g di zucchero semolato
  • 2 uova medie
  • 20 g di burro fuso
  • 200 g di prugne al netto degli scarti
  • 20 ml di Crème de Cassis (o altro liquore)
  • scorza grattugiata di 1 limone
  • 5 o 6 rametti di timo

Procedimento

Portate ad ebollizione il latte con la scorza di limone, versate il semolino e cuocete a fuoco basso per 5 minuti mescolando con un cucchiaio di legno. Fate intiepidire, trasferitelo in una ciotola e aggiungete la ricotta ben scolata dal siero e il liquore. Lavate le prugne e tagliatele a spicchi. Montate per qualche minuto le uova con lo zucchero e unitele al composto di semolino. Imburrate una tortiera di 20 cm di diametro (o una quadrata di 22 x 22, così il dolce verrà alto circa 2,5 cm), versatevi il composto e distribuite le prugne sulla superficie. Spennellatele con burro fuso e infornate a 180° per circa 45 minuti. Dopo i primi 30 minuti cospargete le prugne con un po’ di zucchero e 10 minuti prima della fine distribuite sulla superficie delle foglioline di timo. Per essere certi della cottura, fate la prova stecchino.

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Note:

  • potete usare anche degli stampini monoporzione; in questo caso dovrebbero bastare 35-40 minuti di cottura.
  • l’aroma di timo mi è piaciuto molto, la prossima volta ne metterò un po’ di foglioline anche nell’impasto.

Vermicelli al pomodoro con fiori di zucca e quenelle di ricotta all’erba cipollina

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Sfida del mese per l’MTC: pasta con la pummarola. Dove per pummarola si intende un sugo veloce di pomodori freschi, senza soffritto. Ecco. Al di là del fatto che la pasta non la mangio quasi mai, se proprio devo farla col pomodoro, a me piace la passata, e con tanta cipolla; la pasta col pomodoro fresco non mi ha mai invogliato.
Certo che anche tu, direte voi. E la brisèe no perché c’è troppo burro, e il pan di Spagna no perché è troppo asciutto, e la pummarola no perché meglio la passata. Ecchecavolo, non ti va bene niente!
Però, guardiamo il lato positivo: significa che l’MTC mi fa superare pregiudizi, pigrizie e abitudini inveterate…e quindi mi fa un gran bene!

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Per questa sfida, ammetto di non aver fatto un grande sforzo creativo. Vabbè, non che le altre volte abbia proprio osato. Pensando al pomodoro, però – indiscusso protagonista del piatto – non me la sono sentita di disturbarlo con ingredienti troppo invadenti, né tanto meno di affossarlo con un numero eccessivo di componenti. Volevo una ricetta semplice e pulita, che ne esaltasse il sapore.
Considerate poi io sono una principiante in cucina, e di carattere cauto per natura: ad avventurarmi fuori dal mio perimetro temo di fare pasticci, errori grossolani, accozzaglie poco gradevoli. Perciò mi attengo a ciò che conosco: sapori misurati, piatti semplici, ingredienti che si conta sulle ditano di una mano…solo così mi sento a mio agio.

Ma si gioca anche per imparare, e come al solito vi rimando alla pagina dell’MTChallenge per tutti gli approfondimenti del caso legati alla pasta. Se pensate di sapere tutto, andate a leggere, e scoprirete che non sapete nemmeno come si cuoce un piatto di spaghetti. Giuro!
Anche ciò che sembra più scontato non lo è, tante sono le variabili da considerare e le informazioni utili da sapere. E, soprattutto, scoprirete che un semplice piatto di pasta al pomodoro può essere declinato in infinite versioni, perché in cucina non ci sia annoia mai.

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Quando le ricette sono così basic, la qualità degli ingredienti diventa più essenziale che mai.
In primo luogo, pasta di grano duro trafilata al bronzo e a lenta essiccazione. Ho scelto dei pomodori Piccadilly, che al momento sono i migliori che si trovano sul mercato, anche se l’ideale sarebbero i San Marzano. Poi, due ingredienti di stagione: ricotta fresca e fiori di zucca appena colti, una meraviglia dell’orto che trovo sempre affascinante per le splendide sfumature di colore e per la delicatezza della loro struttura. Infine, l’erba cipollina del mio orto da davanzale, per dare un po’ di carattere. Stop.

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Alla fine, mi sono ricreduta. Anche questo sta diventando un leit motiv delle sfide dell’MTC, ma che colpa ne ho io se parto da ricette di base che non mi sembrano nelle mie corde e poi invece scopro che mi portano a piatti buonissimi? La colpa, semmai, è di chi me li fa scoprire, portandomi oltre  i miei paletti mentali. E in questo caso il merito è di Paola, del blog Fairy’s Kitchen (che bel nome!) che mi ha avvicinato a questa pasta veloce e saporitissima. Magie del pomodoro….e di chi conosce le basi della cucina.
E ancora una volta, viva l’MTC, che ti porta ad esplorare lidi verso i quali non avresti mai pensato di dirigerti.

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VERMICELLI AL POMODORO CON FIORI DI ZUCCA E QUENELLE DI RICOTTA ALL’ERBA CIPOLLINA

Dose: 2 persone       Tempo di preparazione: 15 minuti       Tempo di cottura: 20 minuti + 10 minuti

Ingredienti

  • 160 gr di Vermicelli di Gragnano IGP (per me FiorFiore Coop)
  • 400 gr di pomodori Piccadilly
  • circa 15 fiori di zucca
  • 100 gr di ricotta vaccina
  • 5 fili di erba cipollina
  • 1 spicchio d’aglio
  • olio extravergine di oliva
  • sale e pepe

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Procedimento

Mescolate la ricotta con l’erba cipollina tagliata finemente (lasciatene da parte un paio di fili) e condite con poco sale.
In una padella antiaderente, abbastanza ampia per poi potervi saltare la pasta, scaldate un cucchiaio di olio evo con uno spicchio d’aglio. Appena inizia ad imbiondire togliete l’aglio e aggiungete i pomodori tagliati in 4 parti. Cuocete a fiamma vivace per 5 minuti con il coperchio in modo da farli ammorbidire, poi schiacciateli con i rebbi di una forchetta, salate e proseguite la cottura per 15-20 minuti circa.
Mettete a bollire abbondante acqua per la pasta in una pentola alta. Quando l’acqua bolle salatela, poi buttate la pasta e abbiate cura che l’acqua continui a bollire per garantire una cottura ottimale.
Lavate delicatamente i fiori di zucca, rimuovete il peduncolo, apriteli longitudinalmente e rimuovete il pistillo. Tagliate a striscioline e gettate per 1 minuto in un pentolino dove avrete fatte scaldare un cucchiaio di olio evo.
Scolate la pasta un paio di minuti prima del tempo indicato sulla confezione e fatela saltare per un minuto nella padella con il pomodoro, aggiungendo all’occorrenza un paio di cucchiai di acqua di cottura.
Spegnete il fuoco, unite i fiori di zucca e servite nei piatti, aggiungendo alla fine una quenelle di ricotta e completando con una macinata di pepe nero e qualche filo di erba cipollina.

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Note:

– I pomodori devono perdere l’acqua e formare un sugo cremoso, ma il punto giusto è soggettivo. Io mi sono fermata un po’ prima dei 30 minuti indicati da Paola perché non li volevo completamente disfatti.

– Ho scelto la ricotta vaccina per non interferire troppo con il sapore del pomodoro, ma mi è rimasta la voglia di provare questa pasta anche con della ricotta di pecora, dal sapore più forte ma a me molto gradito.

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Con questa ricetta partecipo all’MTC n. 48

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