Barrette di amaranto, avena e frutta disidratata

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La mia coinquilina nel primo anno fiorentino si chiamava Amaranta.
Di temperamento vivace e allegro, studiava francese, vestiva vintage e adorava Parigi. Un tipo, sicuramente.
Se i genitori avessero inspiegabili certezze sui proprio geni o se abbiano tirato a caso non so, fatto sta che il nome era molto azzeccato. Con la sua cascata di capelli ricci rosso fuoco, Amaranta ricordava a meraviglia il fiore della pianta omonima, orgoglioso e svettante sul suo lungo stelo. Lei, a dirla tutta, era bassina, ma compensava con il pepe ciò che le mancava in altezza.

barrette amaranto-8Abbiamo condiviso la casa per un anno, senza troppa confidenza ma con una certa complicità, quasi un’alleanza ispirata dal fronteggiare le esigenze domestiche e le stramberie di Pierre, il terzo coinquilino. Francese sul serio, lui, e seriamente folle. Non che creasse troppo disturbo, ma una certa inquietudine sì.
Giornate intere chiuso nella sua stanzetta di 3 mq senza finestra, si muoveva solo per andare in bagno. Poi, per tre giorni non lo si vedeva, scomparso dalla faccia della terra con tutte le valigie ancora al loro posto. Ritornava a sorpresa negli orari più strani, più sconvolto e stordito di quando se ne era andato.
Le rare volte che decideva di usare la cucina tracciava un artistico arabesco di cornflakes sbriciolati e polvere di nescafè che si estendeva fino alla porta della sua camera. Lascio alla vostra fantasia quello che poteva accadere nei giorni in cui preparava il suo piatto forte: spaghetti (spezzati) con ketchup e parmigiano.
Perse le chiavi di casa per aver lasciato incustodita la borsa in discoteca, rimase chiuso dentro il bagno e fuori di casa (più volte), e per avere l’affitto bisognava iniziare il pressing una settimana prima della scadenza. Per le pulizie, invece, andava minacciato di morte, e i risultati erano sempre e comunque miserandi.
Ah, la France!

Per fortuna Pierre se ne andò dopo 4 mesi, con grande sollievo di tutti, e restammo io e Amaranta sole a condividere la casa. A parte quando veniva quel rozzo del suo fidanzato, ma delle incomprensibili scelte femminili in fatto di uomini parleremo un’altra volta.

Chissà dove è adesso Amaranta, se ha coronato il suo sogno di trasferirsi a Parigi o se è tornata sulle montagne toscane dove era nata… Di dove sia Pierre, francamente, me ne infischio.

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Dell’amaranto ho ormai parlato diverse volte (la prima qui) uno pseudo-cereale ricco di proteine, fibre e amminoacidi essenziali. Ha un sapore deciso, vagamente noccioloso e tostato che a me piace molto. Dopo gli sformati e i biscotti ho deciso di provarlo per fare delle piccole barrette, ottime per merenda o come spezzafame.
Per questo tipo di ricetta, come anche per i biscotti, l’amaranto deve prima essere “soffiato“, come accade per i pop corn, con un procedimento semplice, e relativamente veloce che vi spiego nel testo della ricetta.

Il bello di queste barrette è che le combinazioni di ingredienti sono potenzialmente infinite: potete aggiungere nocciole tritate, albicocche secche, bacche di goji, scaglie di cioccolata, semi di lino, di sesamo, di zucca…devo continuare o siete già usciti a fare la spesa?!

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BARRETTE DI AMARANTO, AVENA E FRUTTA DISIDRATATA

Dose: 8 barrette       Tempo di preparazione: 30 minuti       Tempo di cottura: 30 minuti

Ingredienti

  • 70 gr di amaranto Nuova Terra
  • 40 gr di fiocchi d’avena
  • 25 gr di cocco disidratato in scaglie
  • 20 gr di frutti rossi
  • 20 gr di uvetta
  • 60 gr di miele
  • 30 gr di malto d’orzo

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Procedimento

Per prima cosa bisogna soffiare l’amaranto. Prendete una pentola dal fondo spesso e dalle pareti alte: quella in cui si cuoce la pasta andrà benissimo. Mettetela sopra al fuoco a fiamma vivace (io ho usato un o spargifiamma) e dopo 4-5 minuti versatevi un cucchiaio scarso di amaranto. Se il fondo non è ancora sufficientemente caldo non accadrà nulla: allora gettate l’amaranto e aspettate ancora un paio di minuti. Altrimenti vedrete che i chicchi iniziano a scoppiare, cioè si aprono e diventano bianchi proprio come accade con il pop corn. Il tempo di permanenza nella pentola deve essere brevissimo, altrimenti il calore li brucerà. Appena iniziano a scoppiare scuotete un po’ la pentola e fatela roteare per movimentare i chicchi e dopo qualche secondo rovesciateli in un piatto che avrete messo accanto a voi. Non tutti i chicchi si apriranno ma va bene così: quelli chiusi doneranno un aroma tostato che renderà più gustose le barrette.

Procedete mettendo nella pentola un cucchiaio per volta fino ad esaurimento dell’amaranto. Mescolatelo poi con i fiocchi di avena leggermente pestati nel mortaio e la frutta sminuzzata. Versate sopra a tutto il miele e il malto che avrete fatto sciogliere a fiamma bassissima e mescolate rapidamente. Se il composto risulta troppo slegato, aggiungete un paio di cucchiai di acqua. Versate il tutto in una teglia rivestita di carta forno di circa 15 x 20 cm, livellate la superficie con il dorso di un cucchiaio inumidito e cuocete a 150° per circa 30 minuti. Fate raffreddare una decina di minuti e poi tagliate le vostre barrette.
Si conservano in una scatola di latta o di plastica, meglio se separate da strati di carta forno per non farle attaccare.

Note: per fare delle barrette vegane basta sostituire il miele con malto d’orzo o sciroppo di acero o di agave.

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AMARANTH, OATMEAL AND DRIED FRUIT BARS

Makes: 8       Preparation time: 30 minutes       Cooking time: 30 minutes

  • 70 gr amaranth
  • 40 gr rolled oats
  • 25 gr dried coconut, grated
  • 20 gr dried berries, chopped
  • 20 gr raisins, chopped
  • 60 gr honey
  • 30 gr barley malt

How to do

First, prepare the puffed amaranth. Use a thick bottomed saucepan with high hedges, the type used to cook pasta. Warm it over medium fire for 5 minutes, then put inside a tablespoon of amaranth: in a few seconds it will blow up and become white. If not, the saucepan is not hot enough. Rotate the saucepan for a few seconds, then pour the amaranth in a plate and set aside. Not all the grains will be puffed but that’s ok: if you keep them for too much time in the pan they will be burnt. Go on with a tablespoon at a time until you puffed all the amaranth.
Mix the amaranth with the slightly crushed oats, the coconut and the dried fruits.
In a saucepan, warm lightly the honey and the malt, then pour over the mixture and mix quickly.
Adjust the mixture in a baking tray (15 x 20 cm) linen with baking paper and flatten the surface with the back of a damp spoon. Bake at 150° C/300° F for 30 minutes. Let cool for some minutes, then cut in rectangles.
Store them in a plastic airtight box with baking sheet between one and the other to prevent from sticking.

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Sformato di amaranto con caciocavallo e cavoletti di Bruxelles

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Una ricetta per due ingredienti di tutto rispetto!

Iniziamo dall’amaranto. Ormai molti di voi lo conoscono, è una pianta erbacea i cui semini microscopici vengono usati come se fossero cereali…ma non lo sono! E infatti non contengono glutine e sono invece ricchi di proteine, aspetto non secondario nelle diete odierne che cercano di sostituire le proteine animali con quelle vegetali: ecco, l’amaranto ne è un’ottima fonte!
Potete trovarlo in quasi tutti i supermercati, generalmente accanto ai legumi secchi e alle zuppe. Per quanto riguarda la pianta, invece, non è raro vederla svettare con i suoi vistosi fiori a forma piramidale…di un bellissimo color amaranto, per l’appunto!

Dall’amaranto viene anche ricavata una farina, ma più spesso si usano direttamente i chicchi per fare sformati, polpette, insalate e addirittura per barrette energetiche e biscotti (i miei erano biscotti alle nocciole e amaranto). Ha un sapore molto particolare, quasi tostato e nient’affatto anonimo.
La pianta è originaria dell’America centrale e comparve in Europa solo nel Settecento, come pianta ornamentale. A metà degli anni ’70 del secolo scorso sono state riscoperte le proprietà nutrizionali dei suoi chicchi e nuove coltivazioni sono state impiantate, inizialmente negli Stati Uniti e in seguito anche in altri Stati, compresa l’Italia. Le sperimentazioni hanno dato buoni risultati e oggi l’amaranto è coltivato in diverse zone, per esempio in Valdichiana…e anche nell’orto del mio babbo! Vedi, babbino…ci è voluto un po’ di tempo, ma alla fine l’ho usato!

Il secondo protagonista è il caciocavallo, un formaggio che non mangio molto spesso e sul quale non mi sono mai soffermata più di tanto. A torto, direi, perché invece è molto buono e versatile.
Si tratta di un formaggio a pasta filata di latte vaccino prodotto nella dorsale appenninica meridionale – in particolar modo in nella Sila calabrese – e in Sicilia (famoso quello ragusano, fatto con latte misto di vacca e di pecora). Può essere dolce, se stagionato solo fino a due mesi, o piccante, se la stagionatura si protrae più a lungo. Può anche essere affumicato.

Quello che più incuriosisce di questo formaggio è però il nome…cosa c’entrano i cavalli?! Le teorie sono molte…alcuni ritengono che il nome derivi dal marchio a forma di cavallo che le gabelle del Regno delle Due Sicilie imponevano ai formaggi, mentre secondo altri dipende dall’abitudine di mettere le forme a stagionare legate a due a due a cavallo di un bastone trasversale. Un’altra ipotesi, invece, lo fa derivare dal termine turco qasqawal, che era un tipo simile di formaggio. C’è però anche un aspetto macabro legato al caciocavallo: proprio per questa tendenza ad essere appeso, nel sud Italia veniva spesso usato come metafora per indicare le impiccagioni…non proprio una bella immagine!¹

¹ M. Guarnaschelli Gotti, La Gastronomia. Dizionario Enciclopedico della Buona Tavola, vol. 1, p. 163.

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SFORMATO DI AMARANTO CON CACIOCAVALLO E CAVOLETTI DI BRUXELLES

Dosi: 4 persone       Tempo di preparazione: 20 minuti       Tempo di cottura: 1 ora

  • 200 gr di amaranto
  • 130 gr di caciocavallo semistagionato
  • 200 gr di cavoletti di Bruxelles
  • 1/2 porro
  • 2 cucchiai di nocciole spellate
  • olio extra vergine di oliva
  • 1 cucchiaio di aceto
  • sale

Sciacquate l’amaranto sotto l’acqua corrente. Mettetelo in una pentola con acqua fredda salata pari a il doppio del suo peso, portate a bollore poi fate cuocere coperto per circa 25 minuti. Con questa proporzione l’amaranto dovrebbe cuocersi assorbendo tutta l’acqua: se ne rimanesse in più, scolatela a fine cottura. Se invece tende ad attaccarsi alla pentola, aggiungetene un po’.

Nel frattempo mondate i cavoletti di Bruxelles e lessateli per 5-6 minuti in acqua bollente salata. Scolateli, passateli sotto l’acqua fredda e affettateli finemente.
Affettate finemente il porro, riscaldatelo per 10 minuti in una padella con 2 cucchiai di olio e uno di aceto (serve a smorzarne un po’), poi aggiungete i cavoletti, salate e fate cuocere altri 5-6 minuti o finché non diventano tenerissimi.

Mescolate l’amaranto con i cavoletti, aggiungete il caciocavallo a dadini e distribuite il composto in una pirofila. Cospargete la superficie con le nocciole tagliate grossolanamente al coltello e infornate a 200° per 15 minuti, usando la funzione grill negli ultimi 5 minuti per tostare le nocciole. Servite caldo.

Note:

– inizialmente volevo fare degli sformatini monoporzione come questi, ma forse perché l’amaranto era di una varietà diversa, forse a causa dell’umidità rilasciata dai cavoletti, l’impasto non era abbastanza consistente e quindi ho ripiegato su uno sformato classico. Vedrete, quando lo servite, che il tutto rimane abbastanza morbido e quindi non sarebbe possibile usare stampini per poi sformarli. A meno che, forse, di non cuocere meno l’amaranto nella fase iniziale.

– eliminando il caciocavallo o sostituendolo con legumi a vostro piacimento diventa un piatto vegano di tutto rispetto.

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 AMARANTH PIE WITH CACIOCAVALLO CHEESE AND BRUSSEL SPROUTS

Serves: 4       Preparation time: 20 minutes       Cooking time: 1 hour

  • 200 gr amaranth
  • 130 gr caciocavallo cheese (you can also use scamorza, provola or a similar one)
  • 200 gr Brussel sprouts
  • 1/2 leek
  • 2 tablespoons hazelnuts, shelled and peeled
  • 2 tablespoon extravirgin olive oil
  • 1 tablespoon white wine vinegar
  • salt

Wash the amaranth. Put it in a saucepan with 400 ml of water and a pinch of salt and cook, covered, for about 25 minutes since it boils. Water should be totally absorbed at the end; if not, drain the amaranth from water in excess.

Clean Brussel sprouts, boil in salted water for 5-6 minutes and drain. Slice finely the leek and heat in a saucepan with olive oil and vinegar for 10 minutes. Add the Brussl sprouts, sliced, and cook over medium fire for 5-6 minutes, until soft and tender.

Mix amaranth with sprouts and the caciocavallo diced, put in an oven pan and scatter the surface with hazelnuts coarsly chopped. Bake at 200° C/400° F for 15 minutes. The last 5 minutes use the “grill” function (only the upper part of the oven) to toast the hazelnuts.

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Con questa ricetta partecipo al contest di “Cappuccino e cornetto” nella categoria “Sformati”

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Sformatini di amaranto con zucca e arachidi

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Questo è un post importante.
La ragione futile è che finalmente mi sono decisa a provare l’amaranto, che ultimamente si sente nominare dappertutto per le sue proprietà nutrizionali peculiari e benefiche, tanto che ormai mi ero incuriosita. La ragione seria è che con questa ricetta partecipo al progetto solidale “Un chicco tira l’altro”, promosso dall’ONG ProgettoMondo MLAL, riguardante il tema del diritto al cibo per le popolazioni del Sud del mondo (qui e qui tutte le informazioni per la partecipazione).
Il progetto, alla sua seconda edizione, quest’anno è dedicato ai cereali: le dodici ricette selezionate saranno usate per un calendario e un’agenda per la raccolta fondi.
E così, ecco il mio modesto contributo ad una bellissima iniziativa, utile anche a non dimenticare che se spesso per noi la cucina è piacere, passione e divertimento, esistono realtà ben più ampie e più vicine di quanto non si pensi dove non esiste cucina, ma tutto si riduce al puro, originario bisogno di mangiare e alla drammatica carenza di cibo.

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Ho scelto l’amaranto per curiosità, per originalità, per la simpatia che mi ispira il nome e per lo splendido colore dei suoi fiori. Infatti non si tratta di un cereale, ma di una pianta i cui chicchi vengono usati come se lo fossero. Sono chicchi di un giallo tenue, piccolissimi – quasi microscopici – e perfettamente rotondi. Una meraviglia solo a guardarli.

Inoltre l’amaranto ha proprietà peculiari che lo distinguono dai cereali veri e propri: innanzitutto non contiene glutine ed è quindi adatto ai celiaci; poi ha un alto contenuto proteico e ci regala una buona quantità di calcio, fosforo, magnesio e ferro, nonché di fibre.

Dopo la cottura, i chicchi assumono una colorazione marrone chiaro e diventano leggermente gelatinosi, come delle piccole perle traslucide; per evitarlo, si dovrebbero tostare velocemente in una padella antiaderente prima della cottura, ma – almeno per questa ricetta – secondo me non ce n’è bisogno.

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Non saprei descrivere il sapore che ha se mangiato da solo, forse vagamente simile alle lenticchie, comunque gradevole.
Vi propongo l’abbinamento di questi piccoli chicchi saporiti e croccanti con la fresca leggerezza della zucca e la sapidità delle arachidi tostate. E vi dirò che, contro ogni previsione (perché le cose “strane” in genere non mi entusiasmano), questa ricetta a me è piaciuta molto!

SFORMATINI DI AMARANTO ALLA ZUCCA E ARACHIDI TOSTATE

Per 4 sformati monoporzione:

  • 160 gr di amaranto
  • 600 gr di zucca gialla
  • 2 porri
  • 3 cucchiai di arachidi
  • 2 rametti di rosmarino
  • 2 foglie di salvia
  • olio evo
  • sale
  • aceto

Lavate l’amaranto sotto l’acqua corrente; essendo grani piccolissimi, io ho usato un colino tipo quello da tè. Mettetelo in una pentola con due parti di acqua per una di amaranto (nel mio caso: 320 ml di acqua) e due foglioline di salvia. Quando spunta il bollore, aggiungete un po’ di sale e coprite con un coperchio. Fate cuocere a fuoco basso senza mescolare per 25-30 minuti, finché l’acqua non sia stata completamente assorbita. Se rimane un po’ di liquido, scolate l’amaranto servendovi del solito colino da tè. Rimuovete la salvia a fine cottura.
Mentre l’amaranto cuoce, tagliate finemente il porro e fatelo appassire in una padella antiaderente con poco olio per qualche minuto, aggiungendo un cucchiaino di aceto.
Pulite la zucca e tagliatela a dadini piuttosto piccoli. Aggiungete metà della zucca al porro, unite un po’ di rosmarino e fate stufare per circa 30 minuti nella padella coperta, aggiungendo un po’ d’acqua se necessario. La zucca deve diventare morbida ma non acquosa, quasi una purea.
Mettete il resto dei dadini di zucca in una teglia rivestita di carta forno, condite con un filo d’olio e del rosmarino e infornate a 200° per 15-20 minuti, togliendola prima che si ammorbidisca troppo.
Tagliate grossolanamente le arachidi con un coltello e tostatele per qualche minuto in una padella antiaderente.

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A questo punto potete assemblare i vostri sformatini. Io ho usato degli stampini in silicone, che garantiscono una perfetta riuscita in fase di “sformatura”; se usate quelli antiaderenti ricordatevi di ungerli con un po’ di olio. Distribuite in ogni stampino uno strato di amaranto, appiattendolo con il dorso del cucchiaio. Mettete poi uno strato di purea di zucca e completate con un altro strato di amaranto. Ripassate inforno a 200° per 15 minuti.
Una volta raffreddati, rimuovete gli stampini rovesciando gli sformati sul piatto da portata e servite accompagnati dai dadini di zucca mescolati alla granella di arachidi tostate.