Bavarese all’Aleatico dell’Elba, fichi dolci e noci croccanti

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Lo ammetto, sono una fifona. La mia prima reazione – ad una notizia, ad una novità, ad una proposta – è sempre la stessa. Paura. Credo sia per insicurezza. O forse per mancanza di fantasia, per amore della consuetudine e del conosciuto. Roba che non mi fa molto onore.

É accaduto anche quando sono venuta a conoscenza del contest Dolci Divini, organizzato da AIFB in occasione di Dolcemente, la manifestazione che si terrà a Pisa il 14 e 15 novembre. Si tratta di realizzare un dolce che abbia un vino o liquore tra gli ingredienti caratterizzanti.
Vabbè, un contest come tanti, direte voi. Ma già il fatto che ci sia il patrocinio AIFB a me mette un po’ di soggezione, perché so di quali soci si fregia questa associazione, conosco la loro abilità, le conoscenze tecniche, la creatività, e l’idea di mettermi a competere con loro mi fa sentire inadeguata.
Come se non bastasse, la giuria del concorso è composta da una cinquina di personalità di altissimo livello (Loretta Fanella, presidente di giuria, insieme a Giuseppe Calabrese, Deborah Corsi, Andrea Gori e Anna Marina Pellegrino). Ovvio che la possibilità di partecipare era fuori discussione. Neanche minimamente considerata.

Sono passate alcune settimane, e ho cambiato idea. Perché se è vero che sono fifona, è anche vero che, con i miei tempi (lunghi), alla fine affronto quello che mi spaventa. Così ho deciso di partecipare anche io, poco esperta come sono di pasticceria, e sono felice di averlo fatto.
Ogni contest è una sfida con me stessa, l’occasione per osare qualcosa che altrimenti rischierei di non fare mai.Aver provato è già la mia vittoria.

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Premessa. La preparazione è un po’ lunga a spiegarsi ma in realtà non è molto complessa. Ovviamente non è come fare una torta di mele, ma non ci sono passaggi particolarmente complicati e nemmeno molto lunghi. E se lo dico io…

Sono partita dall’Aleatico dell’Elba, un vino passito, D.O.C.G. dal 2011, che mi piace moltissimo (questo è il mio preferito in assoluto), sia accompagnato alla pasticceria secca, sia impiegato nella strepitosa schiaccia briaca, alla quale non so resistere.
Per sua natura, questo vino liquoroso si abbina bene alla frutta secca, così ho pensato di farne una bavarese (a base di crema inglese e panna semimontata) accompagnata da noci croccanti leggermente aromatizzate al finocchio, con un pan di spagna al miele ad assorbire e attutire la ricchezza della panna. Infine, uno strato di fichi spadellati con zucchero e aleatico, una nota dolce al fondo del bicchiere per evitare che il pan di spagna (già bagnato con uno sciroppo di aleatico) sia troppo asciutto.

BAVARESE ALL’ALEATICO DELL’ELBA CON FICHI DOLCI E NOCI CROCCANTI

Porzioni: 4       Tempo di preparazione totale: 1 h e 15′ + 2 h di riposo     Tempo di cottura: 20′ + 5′ + 10′

Ingredienti

Per il pan di spagna classico con burro e miele:

  • 100 g uova (circa 2 uova medie)
  • 45 g zucchero semolato
  • 10 g miele di acacia
  • 55 g farina 00
  • 10 g burro fuso
  • scorza grattugiata di mezzo limone
  • un pizzico di sale

Per la crema inglese:

  • 125 ml latte intero
  • 125 ml panna fresca
  • 50 g tuorli (circa 3)
  • 25 g zucchero semolato
  • mezza bacca di vaniglia
  • un pizzico di sale
  • 2 g di gelatina in fogli

Per la bavarese all’aleatico:

  • 280 g crema inglese
  • 250 g panna fresca
  • 28 g zucchero
  • 7 g gelatina in fogli
  • 33 g aleatico

Per le noci croccanti:

  • 100 g noci
  • 40 g zucchero semolato
  • 1 albume
  • 1 cucchiaino di semi di finocchio

Per i fichi spadellati:

  • 4 fichi sodi
  • 30 g zucchero semolato
  • 100 ml di aleatico

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Procedimento

Per il pan di spagna (il giorno precedente) – tempo di preparazione: 20′ – tempo di cottura: 20′

Mescolare le uova con lo zucchero, il miele, il sale e la scorza di limone, scaldatele fino a 45° C (basterà un minuto o poco più) e montatele con le fruste per 15 minuti (o con la planetaria). Unite delicatamente la farina setacciata, con una spatola. Prelevate 1/10 del composto, unirvi il burro fuso e poi mescolate nuovamente al resto. Versate in una tortiera di 18 x 18 cm foderata di carta forno e cuocete a 160° C per 20 minuti circa. Per i primi 10 minuti tenete il forno chiuso, poi incastrate il manico di un mestolo nello sportello per tenerlo socchiuso. Sformate subito e fate raffreddare su una gratella.

Per la crema inglese – tempo di preparazione: 10′ – tempo di cottura: 5′

Mettete a bagno i 2 g di gelatina in acqua fredda. Sbattete leggermente i tuorli e lo zucchero. Riscaldate il latte e la panna con la mezza bacca di vaniglia incisa nel senso della lunghezza, in modo che possano uscire i semi, portate quasi a bollore e poi versate suoi tuorli. Riportate sul fuoco bassissimo, mescolando con una spatola e cuocete per pochi minuti fino a che la crema non si ispessisce. Non superate mai la temperatura di 85°C o l’uovo si rapprenderà. La crema inglese, non contenendo farina, non diventerà mai densa come una pasticcera; basta che si ispessisca un po’, indicativamente bastano 3-4 minuti. Togliete la bacca di vaniglia, strizzate la gelatina ammollata e unitela alla crema, mescolando vigorosamente per farla sciogliere. Filtrate la crema in un colino a maglie strette, travasatela in una ciotola capiente, coprite con pellicola a contatto e fate raffreddare il più velocemente possibile.

Per la bavarese all’aleatico – tempo di preparazione: 10′

Mettete a bagno i 7 g di gelatina in acqua fredda. Montate la panna con lo zucchero (non troppo soda), poi unite delicatamente la crema inglese ormai fredda. Prelevate 1/10 del composto, scaldatelo leggermente e unitevi la gelatina strizzata, mescolando per farla sciogliere completamente. Riunite di nuovo al resto del composto, unite l’aleatico, amalgamate bene, coprite con pellicola a contatto e mettete in frigo per un’ora prima di usare.

Per le noci croccanti – tempo di preparazione: 10′ – tempo di cottura: 15-20′

Spezzettate grossolanamente le noci, lasciandone 4 integre. Pestate i semi di finocchio, poi mescolateli con lo zucchero. Bagnate le noci (anche quelle intere) con gli albumi, ricoprite di zucchero e distribuite in una placca ricoperta da carta forno. Fate essiccare a 140°C per 10-15 minuti, poi grigliate a 200° per 3-4 minuti, facendo attenzione a non bruciarle e considerando che quelle spezzettate andranno tolte un po’ prima.

Per i fichi spadellati – tempo di preparazione: 5′ – tempo di cottura: 5′

Lavate i fichi e asciugateli tamponandoli delicatamente. In una padella, scaldate l’aleatico e lo zucchero. Tagliate i fichi a fettine in senso orizzontale e metteteli nella padella disponendoli in un unico strato. Fate cuocere a fuoco molto basso per 5 minuti circa, quanto basta a far assorbire un po’ di aleatico ai fichi senza che si disfino.

Montaggio del dolce

Con un coppapasta del diametro dei vostri bicchieri ritagliate 4 dischi di pan di spagna, aiutandovi con un coltello a punta per incidere i bordi. Alla base di ogni bicchiere disponete 4 fettine di fico, poi un disco di pan di spagna. Spennellate il pan di spagna con un po’ del liquido rimasto dalla cottura dei fichi (se si fosse rappreso troppo potete aggiungere un po’ di aleatico e riscaldare nuovamente). Distribuitevi sopra le noci spezzettate. Riempite una sac à poche con la bavarese e distribuitela sui bicchieri. Decorate la superficie con una noce intera e qualche pezzettino, semi di finocchio e, volendo, qualche goccia dell’aleatico usato per i fichi fatto ridurre per 3 minuti.

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Note:

  • per la ricetta base e la tecnica di esecuzione delle singole parti del dolce ho seguito le indicazioni di L. Di Carlo (Tradizione in evoluzione), personalizzandole in base alle mie esigenze.
  • l’ordine delle preparazioni corrisponde a quello che ho seguito io. Il pan di spagna si può fare la sera prima, il resto richiede, in tutto, circa 4 ore (1 di preparazione, 1 di riposo per la bavarese durante la preparazione e 2 di riposo minimo per il dolce finito).
  • se al momento di montare il dolce la bavarese fosse già molto solida, basta mescolarla con un cucchiaio per renderla nuovamente cremosa. Forse non è il massimo della tecnica, ma nel mio caso ha funzionato. Meglio però usarla quando è ancora abbastanza morbida. Forse potreste usarla anche appena fatta, saltando il passaggio in frigo, ma io temevo che fosse troppo liquida e scivolasse troppo in basso.
  • le noci non sono caramellate, la tecnica di coprirle di albume e poi zuccherarle le rende molto leggere e croccanti.
  • nel procedimento corretto, probabilmente non si dovrebbe mettere la gelatina nella crema inglese ma soltanto nella bavarese finale. Data la mia poca esperienza con dolci al cucchiaio e affini, preda del terrore che la crema inglese potesse non rapprendersi abbastanza, ho optato per questo piccolo “aiuto”.

Con questa ricetta partecipo al contest Dolci Divini organizzato da AIFB e da Dolcemente

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Clafoutis di mirtilli selvatici al limone (o flognarde)

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Che sia ben chiaro che sono mirtilli selvatici perché li ho raccolti “di pirsona pirsonalmente” con le mie manine! (Che ovviamente non sono quelle in foto…)

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Niente a che vedere con quei bomboloni che si trovano al supermercato, grandi come ciliegie. Questi sono i veri mirtilli di montagna, piccolini e saporitissimi. E la soddisfazione è stata doppia: nel mangiarli e nel raccoglierli!

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Abbiamo trovato i mirtilli nel corso di una bella escursione in montagna e abbiamo fatto – a nostre spese – una sconvolgente scoperta.
Sapevate che esistono i falsi mirtilli!? Io non ne avevo mai sentito parlare e quindi al momento della raccolta non ho prestato particolare attenzione. Per poi scoprire, una volta a casa, che buona parte del mio raccolto non era buono. Sgrunt.
Se non altro me ne sono accorta in tempo, prima di utilizzare anche i falsi mirtilli, che avrebbero annacquato tutto il sapore di quelli veri.

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Il falso mirtillo (Vaccinium uliginosum L.), infatti, è molto simile a quello vero (Vaccinium myrtillum), soltanto che è insapore e ha la polpa biancastra, invece che di quel bel rosso rubino che siamo soliti vedere. Ad un’osservazione più attenta, inoltre, ho capito che in genere sono un po’ più piccoli e più biancastri, di un blu più sbiadito.
Alla base non hanno la bella doppia corona con puntino centrale dei mirtilli veri, ma piuttosto una rientranza con cinque punte (immagino esista un termine scientifico per questa caratteristica, ma non lo conosco).
Anche le piante sono molto simili, ma il falso mirtillo ha foglie più ovali, di un verde tendente all’azzurro nella parte superiore e verde chiaro in quella inferiore.

Insomma, una volta capita la differenza, mi sono messa con santa pazienza al tavolo di cucina e ho fatto la selezione…ma che scocciatura! Dalla foto sembra impossibile confonderli ma quando siete sul posto è più difficile, garantito…soprattutto se nessuno vi ha detto che esiste una differenza!

falso mirtillo e vero mirtillo

Una volta messo al sicuro il mio piccolo bottino, è partito il brainstorming su come utilizzarlo. Inutile dire che avevo almeno 15 idee…ma non abbastanza mirtilli nè tempo! Alla fine ne ho fatte due.

La prima è questo clafoutis, un dolce francese al cucchiaio, solitamente a base di ciliegie, latte e uova. Le versioni con altro tipo di frutta, come questa, prendono il nome di flognarde…ma sono sottigliezze che forse non conoscono nemmeno i francesi stessi!

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È un dolce velocissimo da fare e di riuscita garantita, in genere conquista tutti. Potete preparare l’impasto anche il giorno prima e infornare giusto un’oretta prima di servire…mangiato tiepido è delizioso!

In rete ci sono migliaia di ricette come al solito mi sono persa nei meandri, cercando di calcolare le giuste proporzioni tra ingredienti solidi e liquidi per ottenere la consistenza che volevo. Se si mettono troppe uova c’è il rischio di avere una simil-frittata, anche nel sapore (bleah!), se prevale il latte resterà troppo liquido, se abbondiamo con la farina diventerà quasi una torta. E invece deve essere una sorta di budino, che stia in sè, ma senza opporre troppa resistenza al cucchiaino…mica semplice!

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Alla fine ho trovato un mio compromesso e sono rimasta soddisfatta.
Ho aggiunto abbondante scorza di limone – che con i mirtilli si sposa alla grande – per evitare che si sentissero troppo le uova e ho messo un po’ di Crème de Cassis, un liquore dolce a base di ribes nero tipico della Borgogna e, in particolare della zona di Digione, che ho riportato come souvenir dal mio ultimo viaggio (e per il quale ho in serbo grandi cose!). Ovvio che potete tranquillamente ometterlo o sostituirlo con un altro liquore a vostro piacimento.

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CLAFOUTIS DI MIRTILLI SELVATICI

Porzioni: 2       Tempo di preparazione: 5 minuti       Tempo di cottura: 16-18 minuti

Ingredienti

  • 125 ml di latte intero
  • 15 g di burro
  • 1 uovo medio
  • 35 g di farina 00
  • 30 g di zucchero
  • 1 cucchiaino e mezzo di Crème de Cassis
  • scorza grattugiata di mezzo limone
  • 80 g di mirtilli
  • zucchero a velo

Procedimento

Fate sciogliere il burro nel latte e fuoco basso, poi lasciate intiepidire. Con una forchetta, sbattete l’uovo con lo zucchero, poi unite la farina setacciata, la scorza di limone e il Cassis, sempre miscelando con la forchetta.
Aggiungete il composto di latte e burro, sigillate la ciotola con la pellicola trasparente facendola aderire alla superficie del composto e mettete in frigo per almeno 2 ore (anche tutta la notte).
Lavate i mirtilli e infarinateli leggermente con poco zucchero a velo.

Accendete il forno a 160° in modalità ventilato. Imburrate degli stampini, cospargeteli con zucchero semolato, versate il composto e poi distribuitevi i mirtilli. Riempite gli stampini per 2/3 circa: in cottura il clafoutis si gonfierà, ma una volta sfornato tenderà ad abbassarsi subito, proprio come i soufflè.

Cuocete per circa 18 minuti affinché l’interno non si rapprenda troppo (considerate che continuerà a rapprendersi anche quando lo avrete tolto dal forno). Se usate una pirofila più grande ci vorrà qualche minuto in più. Sfornate subito, fate riposare 5 minuti, cospargete la superficie di zucchero a velo e servite.

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Note:

  • io ho versato prima tutto il composto e poi i mirtilli, temendo che altrimenti sarebbero affondati tutti. In realtà sono rimasti quasi tutti in superficie, ma in questo caso va bene perché i miei ramequin erano molto bassi. Se li volete anche all’interno basterà versare un po’ di composto, poi una parte dei mirtilli, ancora composto e terminare con i mirtilli.
  • invece che ramequin singoli, potete usare una pirofila grande da servire direttamente in tavola.
  • per una versione gluten free basta sostituire la farina 00 con farina di riso.
  • che si sporchino i bordi della pirofila è inevitabile, dal momento che il dolce si gonfia in cottura per poi sgonfiarsi: è un marchio di fabbrica del clafoutis!

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Con questa ricetta partecipo a Sedici, l’Alchimia dei Sapori

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Risolatte ai fiori di sambuco con nespole al miele e mandorle

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Ci risiamo. Ho rimandato a lungo, ma non posso aspettare oltre. Ci sono momenti in cui è necessario farsi coraggio e fare quello che si deve. Ho deciso. Domani vado dal parrucchiere.

Non credo di essere la sola a considerarlo un problema. Cinque anni in questa città e non ho ancora trovato un parrucchiere decente. È stato più semplice trovare il fidanzato. Quello giusto, non uno tanto per fare.

I parrucchieri ti parlano come se volessero solo esaudire i tuoi desideri, ma è una finzione. In realtà sono dei sadici con l’aggravante della presunzione artistica che ti prendono in ostaggio per due ore e fanno di te ciò che vogliono.
Io arrivo sempre carica di belle speranze, lui (uno a caso, ne ho provati molti) mi accoglie con gioia luminosa e grandi attenzioni, che alimentano la mia piccola speranza di essere accontentata. Ma, nel profondo, lo so che la fregatura è dietro l’angolo.

Innanzitutto, bisogna farsi capire. Uno penserebbe che sia semplice, no? Vorrei i capelli così. Punto. Soprattutto se non voglio colori, meches, ciocche maculate e orridi shatush. Un semplice, semplicissimo taglio scalato, riga da una parte. E’ così difficile? Pare di sì. Soprattutto se chiedo anche che me li alleggeriscano. Insomma, sfoltirli. Uno mi ha fatto parlare 10 minuti, guardandomi in silenzio come una maschera di cera mentre io tentavo di spiegarmi in preda a sudori freddi, per poi dirmi alla fine, conciliante e serafico, che io volevo una “destrutturazione”. Ah be’.

Superata la fase della dichiarazione di intenti, pregando che l’artista abbia capito qualcosa di ciò gli ho detto, si passa al secondo supplizio: il lavaggio. Il lavaggio è generalmente praticato da un’apprendista, soave giovinetta istruita ad essere gentile con le clienti, il che si traduce nel volenteroso intento di fare conversazione. Io, che parlo poco anche con le amiche, quale desiderio potrò mai avere di condividere episodi della mia vita con un’estranea che mi massaggia la cute? Zero. Le vorrei solo dire: lavami questi capelli e facciamola breve.

Ma non la facciamo breve, oh no. Perché la soave fanciulla mi deve mettere prima la cremina idratante, poi la maschera rinfrescante, poi il balsamo illuminante. Tutti participi presenti che non desidero affatto e che pagherò a caro prezzo, già lo so, ma opporsi è inutile. Ci ho provato ripetutamente. Ho anche fatto training autogeno prima di entrare. “Devi essere decisa. Devi essere dura. Devi tenerle testa”. Ma la fanciulla soave è una tipa tosta, eccome se lo è.
Le mie rimostranze si fanno sempre più flebili, mentre lei, ghignante, già svita il tappo della boccetta, decantando le magnifiche proprietà di una lozione che mi farà più alta, più bella e più magra. Ah, e con i capelli più luminosi, ovviamente.

Di solito la lozione ha bisogno di un tempo di applicazione tendente ad infinito. I minuti passano e io sto lì con il collo rincriccato sul diabolico lavabo, la testa fradicia e correnti d’aria ovunque, così che l’indomani avrò probabilmente un potente raffreddore e la cervicale infiammata. Nel frattempo, la soave fanciulla prende un caffè con la collega, lamentandosi di uomini fedifraghi e irresponsabili, e scambiandosi avvincenti informazioni su programmi televisivi che preferei continuare ad ignorare. La mia insofferenza cresce.

Finalmente è il momento di risciacquare la lozione e passare al taglio, e l’insofferenza si trasforma in terrore. Mille domande si affastellano alla mia mente. Cosa farà? Avrà capito? Ci metterà del suo? Non sta tagliando un po’ troppo? Non sta tagliando poco? In questa fase sono costretta a stare senza occhiali e vivo nella totale ignoranza di cosa stia accadendo intorno a me: una cieca in balia di un folle. Wynona Rider sotto alle lame di Edward era più tranquilla.

Ma anche questa tortura finisce. Mi rimetto gli occhiali, mi guardo, mi sembra che più o meno sia tutto ok, la testa c’è sempre. Poi, la fatidica domanda: come te li asciugo? Cioè, voi cosa rispondereste? Col phon, no? No. Di fronte al mio silenzio e al mio sguardo smarrito, l’abile parrucchiere snocciola una serie di soluzioni dai nomi improbabili, che non mi dicono nulla. Quando ne sento uno vagamente familiare dico: quello. E incrocio le dita.

Ovviamente, la piega non si rivela mai quella che mi ero aspettata. Troppo gonfi, troppi lisci, punte troppo in su, punte troppo in dentro. Ma non importa, a questo punto voglio solo andarmene veloce a casa per potermi pettinare da sola, ripristinando una situazione tricologica il più possibile vicina alla normalità. Ma c’è da affrontare l’ultima prova: la vendita del prodotto.
Sì, perché non basta pagare per questo lungo supplizio, non basta pagare per la costosissima lozione del menga che non volevo in alcun modo. Ora di lozione me ne vogliono vendere una boccetta, che costa quanto un biglietto andata e ritorno per Parigi. E insistono.
Decantano le lodi del prodotto.
Promettono meraviglie.
Poi si imbronciano.
Qualcuno ha minacciato di denunciarmi all’Associazione Protezione Capelli Bistrattati.
Mi fanno sentire in colpa perché non faccio niente per i miei capelli, mio dio!
Alla fine capitolo, prendo la lozione, prendo lo shampoo, prendo anche i biglietti della lotteria di Natale che faranno tra otto mesi, e scappo a casa a pettinarmi. Se sono fortunata, avrò il biglietto della lotteria che mi darà diritto ad un premio. Taglio, piega con il 3% di sconto. Proprio quello che sognavo.

Se avete avuto il buon cuore di leggere fino a qui, adesso vi meritate una ricetta che mi è piaciuta moltissimo…è tutta per voi!

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Tutto è nato dal fatto che in questo periodo ci sono tantissimi fiori di sambuco in giro…troppi per lasciarli inutilizzati! Ovunque vada, lungo le strade appena fuori dalla città, accanto ai fossati di campagna, vedo queste piante i cui fiori che da lontano si presentano come grandi ombrelli ma in realtà sono formati da minuscoli fiorellini bianchi e delicatissimi.
Il profumo è intenso e avvolgente. Me ne sono innamorata lo scorso anno grazie a Libera: allora il mio raccolto si trasformò in una confettura (o meglio, composta) e in un delizioso sciroppo, semplicissimo da fare e molto dissetante.

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Quest’anno volevo qualcosa di diverso, dove il sambuco fosse solo un delicato aroma piuttosto che la struttura vera e propria. Così è nato il risolatte, dolce semplice e veloce, che volevo sperimentare già da un po’. L’ho completato con le nespole, frutti di stagione alla loro prima apparizione su questo blog (anche perché fino all’anno scorso non ne mangiavo affatto) e a un po’ di mandorle, che non ci stanno mai male.
Io l’ho mangiato a merenda e ho conservato la seconda porzione solo per amore, perché l’istinto sarebbe stato quello di finirlo!

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Per le dosi del risolatte ho preso spunto, con qualche piccolo modifica, da Il pasto nudo, che trovo un blog sempre molto valido. Se invece volete approfondire il tema risolatte vi consiglio il bellissimo post di Simonetta, che ci mostra come il riso al latte sia alla base di ricette tradizionali di Paesi lontanissimi tra loro, dall’Argentina fino all’India.

È un dolce molto versatile, perfetto sia come dessert che per una sostanziosa e dolce colazione. Inoltre si adatta a tutte le stagioni: basterà cambiare gli aromi da mettere nel latte e il tipo di frutta utilizzato e avrete ogni volta un dessert diverso.

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RISOLATTE AI FIORI DI SAMBUCO CON NESPOLE AL MIELE E MANDORLE

Dose: 2 persone       Tempo di preparazione: 15 minuti       Tempo di cottura: 35 minuti + una notte di ammollo

Ingredienti

  • 70 gr di riso Originario (in alternativa, Carnaroli)
  • 500 ml di latte fresco intero
  • 40 gr di zucchero semolato
  • 1 “ombrello” di fiori di sambuco
  • 3 nespole del Giappone
  • 1 cucchiaino di miele di acacia
  • 1 cucchiaio di mandorle a lamelle

Procedimento

La sera precedente, sciacquate delicatamente il vostro ombrello di fiori di sambuco appena raccolto, asciugate tamponando con carta assorbente e mettete a bagno nel latte. Sigillate il contenitore con pellicola trasparente e riponete in frigo.

Il mattino filtrate il latte in un colino a maglie strette (potete usare anche un telo di lino ma secondo me non è necessario), spremendo leggermente i fiori per farne uscire tutto il liquido.
Mettete il latte in una casseruola con lo zucchero e fate andare a fuoco medio.
Nel frattempo sciacquate il riso sotto acqua corrente.
Appena spunta il bollore versate il riso e cuocete per 30-35 minuti a fuoco medio. All’inizio non sarà necessario ma via via che il composto si addensa dovrete mescolare costantemente con un cucchiaio di legno per evitare che si attacchi sul fondo. Per valutare la cottura, la prova assaggio è la migliore (slurp!); l’insieme deve essere cremoso ma i chicchi di riso devono fare ancora un po’ di resistenza sotto ai denti, devono essere morbidi ma non spappolati, per carità! Meglio lasciarlo un po’ meno denso, considerate che raffreddandosi si consoliderà ancora.

In un pentolino, scaldate a fuoco bassissimo il miele. Pelate le nespole, tagliatele a piccoli dadini e fatele andare con il miele per circa 5 minuti: devono restare sode.
Tostate le scaglie di mandorla in una padella antiaderente per 3-4 minuti fino a colorirle appena.

Quando il riso si è un po’ raffreddato, componete i vostri bicchieri. Mettete il riso alla base, poi aggiungete i dadini di nespola e completate con le mandorle.

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Note:

– Secondo me il riso migliore è l’Originario, quello generalmente consigliato per minestre e dolci, perché rimane un po’ consistente ma abbastanza morbido. Se volete che i chicchi rimangano più duri potete usare un Carnaroli o un Arborio, ma probabilmente i tempi di cottura si allungheranno.

– Se lo preparate in anticipo, bagnate le nespole con un po’ di succo di limone prima di cuocerle, per evitare che anneriscano troppo. L’ideale sarebbe comunque prepararle pochi minuti prima. Le mandorle potete tostarle prima ma aggiungetele soltanto al momento di servire, altrimenti perderanno tutta la loro croccantezza.

– Si serve tiepido o freddo, a seconda dei gusti. Se lo servirete freddo, non fatelo addensare troppo in fase di cottura, altrimenti sarà troppo sodo quando lo servite.

– Si presta benissimo anche per un pic nic: basterà usare dei vasetti di vetro invece che i bicchieri e chiuderli con il loro tappo durante il trasporto 😉

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Con questa ricetta partecipo alla raccolta di primavera di Stagioniamo “Facciamo un pic nic?”

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