Il Cilento e la Dieta Mediterranea: uno stile di vita (parte seconda)

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Qualche giorno fa vi ho raccontato la prima puntata del blogtour in Cilento e oggi riprendo il filo, a partire dall’escursione a cavallo presso l’agriturismo I Moresani.
Partiamo di buon mattino, dopo una sostanziosa colazione, dal maneggio accanto all’agriturismo. Non avendo alcuna esperienza, mi avvicino timorosamente, aspetto il mio turno e, con una scioltezza non proprio da amazzone, salgo in sella…o sarebbe meglio dire che vengo issata sul cavallo! Disorientata e titubante, ascolto i consigli di Marco, che condurrà la passeggiata, e poi ci incamminiamo.

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Iniziamo salendo molto di quota, fino a dominare con lo sguardo una sconfinata distesa di mare orlata da un promontorio, tra la cui folta vegetazione spuntano i ruderi di una vecchia torre, per poi ridiscendere e attraversare il letto asciutto di un fiume.
Sulle nostre teste solo qualche sparsa nuvola che corona le dolci colline, nelle orecchie lo scalpiccìo degli zoccoli e il frinire delle cicale. Le macchie di lentisco, ginestra e mirto fanno da ali al nostro passaggio.
Non ho foto da mostrarvi, purtroppo, perché ero troppo impegnata a restare in sella. Ma a volte è un bene restare lontani dai congegni tecnologici attraverso i quali siamo soliti guardare la realtà, e affidarci solamente ai nostri occhi e ai nostri sensi.
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Dai monti al mare, la seconda tappa ci porta al lido Le Serre di Mare, in quel di Acciaroli, che vanta la bandiera blu delle acque più pulite d’Italia.
Antonella ci fornisce lettini, sdraio e ombrelloni e, dopo la “fatica” della passeggiata a cavallo, ci riposiamo sulla battigia.
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Un mare che brilla sotto i raggi verticali del sole, una spiaggia ampia e ancora poco affollata, un leggero vento a rinfrescarci: anche chi non ama fare il bagnante qui si sentirebbe in paradiso!
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Antonella ci rifocilla con l’acquasale del Cilento, un piatto stratosferico nella sua semplicità, una ricetta fresca e velocissima che vi propongo qui.
La gustiamo sotto al tetto di assi bianche del lido, con un vino bianco fresco, tra chiacchiere e risate.

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Ma il tempo vola e presto è il momento di ripartire per San Mauro di Cilento, dove ci sistemiamo al B&B Villa Bernadette, gestito dal giovane Daniel e da sua mamma.

Un angolo di paradiso nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, a pochi minuti di macchina dalla spiaggia di Acciaroli ma posto in alto sulle colline, dalle quali si gode un bellissimo panorama che abbraccia il mare. Da qui partono numerosi itinerari escursionistici da fare a piedi o in mountain bike, alla scoperta della natura più selvaggia e incontaminata, nei quali Daniel sarà felice di accompagnarvi.

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Insieme a Daniel e Silvia raggiungiamo la Cooperativa Agricola Nuovo Cilento.
L’energico presidente ci racconta la storia della cooperativa, di come in meno di 30 anni abbia attirato tanti produttori locali, acquistando credibilità e capacità di investimento. Poi entriamo nel frantoio, e il signor Ezio ci descrive fase per fase come avviene la produzione di un olio extravergine di oliva che abbia caratteristiche organolettiche e nutrizionali di qualità.
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Le olive vengono molite subito dopo la raccolta per evitare la degradazione dell’aroma e nel frantoio non si possono usare macchinari a scoppio (né tantomeno fumare) perché gli effluvi altererebbero il sapore delle olive.
I procedimenti tecnologici sono molto accurati e calcolati per evitare sprechi e riutilizzare anche gli scarti di produzione: i noccioli secchi vengono usati come combustibile mentre la sansa (lo scarto della pasta di olive) raggiunge un impianto dove, insieme ad altri scarti agricoli, serve per produrre biogas.

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Le parole del presidente trasmettono tutta la passione per una produzione che richiede maestria e il rifiuto di ogni compromesso; è evidente il suo amore per l’olio extravergine, che non va considerato alla stregua di un condimento ma un vero e proprio alimento, in virtù degli antiossidanti e delle funzioni protettive che svolge per il nostro organismo…Ancel Keys insegna!

Dopo aver scoperto come viene prodotto l’olio extravergine, saliamo nei locali sopra al frantoio, dove si trova il ristorante della cooperativa e facciamo un breve corso di degustazione, assaggiando gli olii prodotti dalla cooperativa: un olio extravergine, uno dop e uno biologico. Per me è la prima volta e come al solito rimango affascinata dalla quantità di cose che si possono imparare!!
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Per cena siamo ospiti del ristorante, a sotto ai nostri occhi scorre una parata di piatti strepitosi a base paste fatte a mano, legumi cotti nel coccio e – ovviamente – olio extravergine di qualità eccellente.
Assaggiamo cavatelli e fagioli, lagane e ceci di Controne, cortecce con zucchine e baccalà. E poi ancora baccalà e cicerchie (il mio preferito, anche se la scelta è stata dura) e melanzane ‘mbuttunate.
E per finire, cannoli cilentani e un liquore al finocchietto che è già entrato nella mia to-do-list.

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La mattina del terzo giorno, una meraviglia si apre davanti agli occhi miei e di Fabio, arrivati per primi nella sala colazione di Villa Bernadette.
La mamma di Daniel ha preparato per noi una colazione regale: torta di mele, dolce soffice di zucchine (top!), crostata con ciliegie (top anche questa!), cannoli cilentani e almeno sei tipi di marmellate diverse fatte da lei.

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E poiché è ancora troppo presto per la maturazione dei fichi bianchi del Cilento, la signora Bernadette ci offre le sue ultime riserve dei famosi fichi ‘mpaccati. Sono fichi secchi riempiti di mandorle e avvolti in foglie di alloro: una vera delizia!
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E ci sono anche certe piccole perine selvatiche di quelle che non si trovano più se non in posti come questi, dove le tradizioni sono ancora vive e il territorio è preservato…proprio il tipo di cose che mi mandano in visibilio! Mi sono ripromessa di tornare e di farmi accompagnare da Daniel alla ricerca di frutti di bosco e pere selvatiche…per farci tante ricette! 🙂

pere selvatiche

Dopo una colazione che vale per tre pasti, scendiamo dalle alte colline di San Mauro fino Pioppi, piccolo borgo che si estende lungo il mare, luogo simbolo della Dieta del Cilento.

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Nel settecentesco Palazzo Vinciprova, una bravissima guida ci introduce ai segreti del Museo Vivo del Mare dove veniamo a conoscenza con i principali abitanti del mare cilentano…con tanto di vasca tattile per toccare ricci e stelle marine!

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Subito dopo visitiamo l’Ecomuseo della Dieta Mediterranea, ospitato al primo piano dello stesso palazzo. Oltre ad una piccola esposizione, che comprende una sala erboristica e la ricostruzione dello studio di Ancel Keys, il museo si propone di divulgare i precetti e i benefici di questo regime alimentare anche attraverso orti didattici, una rete di sentieri e attività informative e educative.

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Ed è il modo ottimale per concludere il blogtour, che ormai volge al termine.
Ci salutiamo a malincuore, vorremmo poter restare ancora un po’ a godere della reciproca compagnia e a conoscere meglio questa terra, che ha ancora tanti tesori da rivelare.

Sono stati due giorni intensi, nei quali ho conosciuto direttamente tante persone che rappresentano un territorio ricchissimo, poco valorizzato ma – forse anche per questo – ancora preservato. Un mondo che conserva ancora un sapore antico, incantato, dove le cose vengono fatte secondo tradizione e i ritmi frenetici delle grandi città sembrano lontani e dimenticati.

Il Cilento può davvero farsi promotore di uno stile di vita sano, fatto di un’alimentazione equilibrata a base di prodotti locali lavorati con cura e sapienza artigianale, di contatto con la natura e vita all’aperta, di nuotate in mare e di aria di montagna.
Un vivere più vicino ai ritmi antichi, che permetta di riscoprire la lentezza dei gesti e delle azioni, il gusto di fare le cose, la bellezza di quello che ci circonda e il desiderio di scoprirlo.
La capacità di guardare negli occhi le persone che incontriamo, e il ricordo di un passato che pur non essendo molto lontano, a volte sembra di un altro pianeta.
Per me, il Cilento è stato anche un modo per riscoprire un po’ me stessa.

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Ringrazio di cuore tutte le persone che ci hanno ospitati con tanta generosità e calore, mettendoci a nostro agio.
Ringrazio Marco e Silvia (disponibilissima e sempre presente), senza l’entusiasmo e l’intraprendenza dei quali questo viaggio non si sarebbe mai realizzato.
E ancora, ringrazio i miei compagni di viaggio, Fabio, Nunzia, Ornella e Daniela, con i quali è stato molto piacevole condividere questa esperienza.
Infine ringrazio Aifb, per aver saputo mettere insieme tutto questo e per tutte le bellissime attività formative che offrono ai loro soci.

Pesto di mandorle, capperi e finocchietto selvatico

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Continuo a meravigliarmi di quanto poco basti per fare un buon piatto. E non solo in termini di tempo, che in questo caso si parla di 5 minuti di numero, roba da battere ogni record.
Ma soprattutto in termini di ingredienti. Se la materia prima è buona, il risultato è assicurato. Se usate del buon olio extravergine di oliva, per esempio, al primo assaggio di questa pasta resterete sorpresi. Pochi sapori, semplici ma ben caratterizzati, che si amalgamano tra loro e non stancano mai. Anche io, che non sono particolarmente amante della pasta, ne avrei mangiata in quantità.
In più, ha tutti i benefici della dieta mediterranea, quella basata su legumi, cereali integrali, frutta e verdura fresca, frutta secca e olio extravergine d’oliva, e che tutti gli esperti consigliano come la più salutare in assoluto.

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A rappresentare la frutta secca ci sono le mandorle, ricche di acidi grassi che aiutano a contrastare il colesterolo “cattivo”. Ma contengono anche vitamine E, ferro, magnesio e calcio. E polifenoli, che sono sostanze antiossidanti che contrastano l’invecchiamento delle nostre cellule (anche se, a onor del vero, sono più numerose nella buccia e quindi sarebbe bene consumarle con la pellicina).

Poi c’è l’olio extravergine di oliva, anch’esso un vero e proprio toccasana per il nostro organismo, soprattutto se usato a crudo, come in questo caso. A proposito, sapevate che molte vitamine sono liposolubili, ovvero vengono assimilate dal nostro organismo soltanto se consumate insieme a dei grassi? Anche per questo è così importante l’olio extravergine. Inutile mangiare enormi ciotole di insalata e carote scondite: non vi faranno ingrassare ma non apporteranno alcun beneficio alla vostra dieta.

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In nome della frutta fresca compare l’arancia, che oltre alla ben nota vitamina C (ma anche la A e alcune del gruppo B) contiene i bioflavonoidi, sostanze importanti per la ricostituzione del collagene del tessuto connettivo, e quindi capaci di proteggere ossa, denti e cartilagini.

I semi di finocchio hanno funzioni antinfiammatorie e antiossidanti; in particolar modo contengono alte quantità di flavonoidi, che contribuiscono a prevenire l’invecchiamento precoce contrastando i radicali liberi. Inoltre contengono molte fibre e facilitano la digestione. E persino i capperi, scopro adesso, contengono degli antiossidanti, in particolare la quercetina, anch’essa del gruppo dei flavonoidi.

Il tutto va a condire una pasta integrale, migliore di quella raffinata per la nostra salute perché è meno lavorata e quindi più ricca di elementi nutritivi. I cereali integrali, inoltre, contengono più fibre, che aiutano il buon funzionamento dell’intestino (anche nella prevenzioni di tumori) e meno zuccheri, quindi non innalzano l’indice glicemico dell’organismo (diminuendo il rischio diabete) saziano di più e ritardano il senso di fame (contrastando così anche il rischio obesità).

Prima di iniziare, una precisazione: nella mie zone, il finocchietto si trova soprattutto nei mesi primaverili, ma ne ho una buona scorta conservato a rametti nel congelatore, per averlo a disposizione anche fuori stagione.

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FUSILLI INTEGRALI AL PESTO DI MANDORLE, CAPPERI E FINOCCHIETTO

Dose: 4 persone       Tempo di preparazione: 5 minuti       Tempo di cottura: 10 minuti

  • 360 gr di fusilli integrali
  • 80 gr di mandorle
  • 1 cucchiaio di capperi sotto sale
  • 1 e 1/2 cucchiaino di semi di finocchio
  • 2 rametti di finocchietto selvatico
  • 2 arance
  • circa 50 ml olio extravergine di oliva

Sciacquate ripetutamente i capperi sotto l’acqua corrente per rimuovere il sale.
In un mixer, frullate le mandorle, i capperi e i semi di finocchio, versando a poco a poco il succo di un’arancia e mezzo e infine l’olio; aggiungete il resto del succo d’arancia solo dopo aver assaggiato, se vi sembra il caso. Frullate gli ingredienti fino ad ottenere un pesto omogeneo; a me piace che si sentano ancora dei piccoli pezzettini di mandorle, ma ovviamente è questione di gusti.
Scolate la pasta al dente, versatevi poco olio e conditela con il pesto. Completate con il finocchietto spezzettato e con la scorza grattugiata di un’arancia.

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WHOLEWHEAT PASTA WITH ALMOND, FENNEL AND CAPER PESTO

Serves: 4       Preparation time: 5 minutes       Cooking time: 10 minutes

  • 360 gr wholewheat pasta
  • 80 gr almonds
  • 1 tbsp salted capers
  • 1 and 1/2 tsp fennel seeds
  • 2 sprigs of wild fennel
  • 2 oranges
  • about 50 ml extravirgin olive oil

Rinse thoroughly the capers under running water.
Put almonds, capers, fennel seeds in a food processor and pulse until you have a paste quite even (but I like to feel some small pieces of almonds). While pulsing, add little by little the juice of 1 and 1/2 orange and the olive oil. Add the rest of orange juice only after tasting, if you like.
Cook the pasta for the time written on the package, drain it, pour some oil and then the pesto. Finish with the wild fennel and the grated rind of an orange.

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Con questa ricetta partecipo al contest dell’AIFB “I magnifici 6”

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Pici senesi con le briciole agli aromi mediterranei

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Finalmente i miei adorati pici! Un anno e mezzo di blog e non mi ero ancora cimentata, è mai possibile?
Forse perché verso le pietanze della tradizione si ha sempre un timore reverenziale che blocca, che spinge a rimandare l’esecuzione in favore di piatti più innovativi, che non prevedono la temibile “prova del confronto” con sapori ben noti.
Sta di fatto che infine mi sono decisa, anche grazie al contest delle mitiche Bloggalline al quale non potevo non partecipare!

I pici sono una specie di spaghettoni nella forma, ma fatti semplicemente con farina di grano tenero e acqua. Li faceva sempre mia nonna materna, anche se a quel tempo io ero troppo piccola per cogliere la sapienza antica alla base di questo piatto, tipico della provincia di Siena. Ricordo solo che li mangiavo di gran gusto la domenica a pranzo, presumibilmente con un bel tovagliolo legato alla gola per arginare gli inevitabili schizzi di ragù.
Finito il tempo delle domeniche dalla nonna Elia, per tanto tempo i pici sono rimasti lontani dalla mia tavola perché mia mamma non li ha mai fatti (mami…ma perché?!?). Ricordo di essermi cimentata insieme a lei solo in un paio di occasioni; per il resto, mi sono limitata a mangiarli ogni volta che potevo, in trattorie tipiche e in sagre paesane, laddove ero certa di poter trovare buoni pici casarecci.

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Perché è vero che ormai è piuttosto facile trovarli anche al supermercato, ma si tratta di una pasta secca che niente ha a che vedere con i pici originali. Da me, in provincia di Siena, si comprano nei negozi di pasta fresca, e quelli sono indubbiamente buoni. Ma il “picio” fatto in casa ha tutto un altro gusto e un’altra consistenza.
La loro peculiarità è l’irregolarità, data dalla tipica lavorazione che avviene con il palmo delle mani che sfregano e rotolano la striscia di pasta sulla spianatoia. Per questo in alcuni punti i pici saranno più grossi, altrove più sottili, e non sempre la sezione è perfettamente circolare, anzi…a volte risulta decisamente poligonale…e in questo i miei sono molto esemplificativi!
Ma è proprio questa imperfezione che mi piace, questa irregolarità che rende un piatto di pici così allegro, rustico e leggermente confusionario. E detto da una che è amante della precisione, fa un certo effetto.

I condimenti tradizionali dei pici sono il ragù, l’aglione (sugo di pomodoro fatto con una specifica varietà di aglio che matura a giugno), cacio e pepe e…le briciole. Io ho scelto quest’ultima versione perché è la meno diffusa nei ristoranti ed è rimasta ancora poco conosciuta fuori dalle terre di Siena.
Gli ingredienti fondamentali sono quelli alla base di tutta la cucina tradizionale toscana, così tipici che più tipici non si può: il pane sciocco e l’olio extravergine d’oliva. La caratteristica predominante, invece, è la croccantezza delle briciole, essenziale per la riuscita di questo piatto. Il segreto è non ripassare i pici nella padella con le briciole, ma semplicemente aggiungerle sopra ad essi dopo che sono stati scolati e conditi con un po’ di olio…vedrete che risultato!
Alla ricetta tradizionale ho aggiunto un mix di erbe aromatiche che ben si sposano con il sapore dell’olio d’oliva – che in questa ricetta la fa da padrone – e che mi ricordano casa.
Di solito il piatto viene completato con una spolverata di pecorino toscano grattugiato; io ho invece optato per il Parmigiano Reggiano, che mi piace da matti ed essendo un po’ più delicato non rischia di coprire le erbe aromatiche.

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PICI SENESI CON LE BRICIOLE AGLI AROMI MEDITERRANEI

Ingredienti per 2 persone

Per i pici:

  • 300 gr di farina 0
  • 160 ml di acqua
  • una presa di sale
  • 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva

Per il condimento:

  • 80 gr di pane secco toscano (solo mollica)
  • un rametto di rosmarino
  • un rametto di finocchietto selvatico
  • un cucchiaino abbondante di timo
  • 1/2 cucchiaino di maggiorana
  • 1 spicchio d’aglio
  • olio extravergine di oliva
  • Parmigiano Reggiano grattugiato

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La sera precedente mettete in infusione un rametto di rosmarino in 60 ml di olio evo e lasciatelo fino al momento dell’utilizzo.

Fate una fontana con la farina al centro della spianatoia e versatevi al centro l’acqua e il sale; iniziate a impastare con una forchetta, prendendo la farina a poco a poco finché tutta l’acqua non sia stata assorbita. Poco prima della fine aggiungete un cucchiaio d’olio, che vi aiuterà a lavorare la pasta. A questo punto rovesciate l’impasto sulla spianatoia e lavoratelo brevemente con le mani.
L’impasto deve restare morbido e leggermente appiccicoso, quindi meglio mettere un pizzico di farina in meno e aggiungerla in caso di necessità.
Copritelo con la pellicola e fate riposare per mezz’ora a temperatura ambiente.
Trascorso il tempo di riposo, infarinate leggermente il piano di lavoro e stendete l’impasto in un rettangolo (anche irregolare andrà benissimo) alto circa 1 cm. Tagliate una striscia di pasta e iniziate a lavorarla velocemente con il palmo delle mani sulla spianatoia, rotolandola e contemporaneamente allungandola alle due estremità fino ad ottenere dei lunghi cilindri (come quelli che si mettono sopra alle crostate, per capirsi). Procedete in questo modo fino ad esaurimento della pasta.
Mano a mano che li fate, sistemate i pici in un vassoio coperto con un canovaccio e cosparso di semola per non farli attaccare.

Tritate grossolanamente la mollica di pane con un coltello o con il mixer ma senza fare briciole troppo piccole. Versate 5 o 6 cucchiai di olio evo in una padella antiaderente e fate scaldare con uno spicchio d’aglio. Dopo qualche minuto rimuovete l’aglio e versatevi le briciole, facendole cuocere per 10 minuti a fuoco medio finché non sono ben dorate. Verso fine cottura unite il timo, la maggiorana e il finocchietto tritato.

Portate ad ebollizione abbondante acqua salata con un cucchiaio di olio. Lessate i pici per circa 3 minuti (finché non vengono a galla), scolateli bene e metteteli nella ciotola in cui li servirete, versandovi l’olio al rosmarino e girandoli delicatamente. Unite subito le briciole ben calde e servite nei piatti, completando, a piacere, con una spolverata di Parmigiano Reggiano.

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Con questa ricetta, partecipo al contest : “La Cucina Italiana nel Mondo verso l’Expo 2015”,
organizzato da Le Bloggalline,in collaborazione con INformaCIBO

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