Banana bread di farro e avena con malto d’orzo

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Oggi ho letto un articolo che ho trovato molto interessante. L’autore è “il solito” Bressanini (ho parlato dei suoi libri qui e qui), che apprezzo molto, e che ancora una volta ci mette in guardia dalle strategie di comunicazione e dai meccanismi di funzionamento del nostro cervello.

L’articolo, in sostanza, dice che la nostra opinione su un piatto o un alimento è fortemente condizionata da pregiudizi e aspettative e che la valutazione cambia molto se facciamo un assaggio “alla cieca”, ovvero senza avere alcune informazione sulla provenienza e lavorazione di un prodotto, o se invece siamo preventivamente preparati su quello che andremo ad assaggiare. E così, anche un’insalata di McDonald travestita da ricetta gourmet conquista l’apprezzamento dell’ignara cavia sottoposta all’esperimento (leggete l’articolo, è tutto documentato).

Al di là delle implicazioni di carattere commerciale (e sociale) che questo comporta, mi sono resa conto di essere spesso vittima delle mie aspettative, che condizionano molto l’esperienza sensoriale nell’assaggio di un piatto: se sono invitata a pranzo da un rinomato gourmand è probabile che tutto ciò che mangio mi sembrerà delizioso; se invece mi trovo costretta a ingollare un panino in un bar del centro, state pur certi che lo troverò insulso e lo mangerò controvoglia.

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Vi confesso, dunque, che avevo grandi aspettative su questo banana bread. Ho brevettato la mia formula personale, cercando di bilanciare aspetto nutrizionale, sapore e consistenza. L’ho preparato in un sereno mattino di sole e al momento di sfornarlo si è sparso per casa un aroma avvolgente e zuccherino, dove l’orzo e l’avena si mescolavano al sentore di banana e lo sforzo per non assaggiarlo prima delle foto è stato sovrumano. Ovvio che quando l’ho assaggiato l’ho trovato delizioso!
A pensarci alla luce dell’articolo di Bressanini, però, la domanda mi sorge spontanea: lo sarà stato davvero? O la percezione del gusto era influenzata dalla mia idea preconcetta di aver sfornato un buon prodotto e dalla mia buona disposizione d’animo? Non lo saprò mai.
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Potrei effettivamente prepararlo nuovamente e procedere ad un nuovo assaggio cercando di mantenere la mia mente sgombra da aspettative. Ma è difficile e, forse – in fin dei conti – nemmeno auspicabile. Perché se uno fa il critico gastronomico deve cercare di essere il più obiettivo possibile e astrarsi da aspetti emozionali. Ma se uno fa il mangiatore per passione, allora tutto ciò che ruota intorno al cibo acquista un valore aggiunto, tutto concorre a creare “l’esperienza” e un banana bread pensato, preparato con cura, annusato con occhi socchiusi e osservato al microscopio prima di addentarlo (praticamente una creatura vivente!), non sarà mai uguale ad un banana bread magari fatto con la stessa identica ricetta ma in un forno diverso, da una persona che non conosco, senza amore e senza passione. Qualcuno penserà che sono matta, ma secondo me chi ama davvero il cibo, se ci pensa un attimo non potrà che darmi ragione. Non credete?
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In definitiva, questo banana bread mi è piaciuto moltissimo (ma adesso non crederete più!!!), l’ho trovato umido al punto giusto, dolce e aromatico, pur senza avere una eccessiva quantità di zuccheri nè di grassi. L’unico modo che avete per verificare le mie affermazioni è…provarlo voi stessi!
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BANANA BREAD DI FARRO E AVENA CON MALTO D’ORZO

Dose: 8 persone       Tempo di preparazione: 20 minuti       Tempo di cottura: 50 minuti

  • 200 gr di farina di farro
  • 60 gr di fiocchi d’avena
  • 2 uova
  • 3 banane ben mature di medie dimensioni
  • 80 gr di malto d’orzo
  • 50 gr di zucchero di canna integrale (muscobado o panela)
  • 70 gr di burro
  • circa 100 ml di latte
  • 40 gr di uvetta
  • 2 cucchiaini di cannella in polvere
  • 2 cucchiaini abbondanti di lievito in polvere

Per lo streusel (una sorta di composto bricioloso da distribuire sulla superficie):

  • 25 gr di fiocchi d’avena
  • 15 gr di burro
  • 20 gr di zucchero di canna
  • 1 cucchiaio di farina di riso

Preparate lo streusel: mescolate i fiocchi d’avena, la farina e lo zucchero con il burro a pezzettini, strofinando gli ingredienti tra le dita. Tenete da parte. Mettete l’uvetta a bagno nel latte. Frullate la polpa delle banane e mescolatela con le uova leggermente sbattute, il malto, lo zucchero e il burro fuso fatto raffreddare. In una ciotola unite la farina, il lievito, i fiocchi d’avena, la cannella e le uvette scolate dal latte (che terrete da parte); mescolate bene, poi unite agli ingredienti liquidi aggiungendo anche il latte e mescolando rapidamente con un cucchiaio, giusto il tempo di far amalgamare il tutto. Versate in uno stampo da plumcake rivestito di carta forno, distribuite sulla superficie lo streusel e infornate a 180° per 45-50 minuti. Fate intiepidire prima di sformare. Note: – per una versione priva di latticini potete sostituire il burro con una quantità di olio di oliva delicato (o di semi) pari all’80% del burro e il latte con del latte di riso o di avena. banan bread-2

SPELT AND OAT BANANA BREAD WITH BARLEY  MALT

Serves: 8       Preparation time: 20 minutes       Cooking time: 50 minutes

  • 200 gr spelt flour
  • 60 gr rolled oats
  • 2 eggs
  • 3 medium bananas, ripe
  • 80 gr barley malt
  • 50 gr dark brown sugar
  • 70 gr butter, melted
  • about 1oo ml milk
  • 40 gr raisins
  • 2 full teaspoon baking powder
  • 1 teaspoon cinnamon

For the streusel:

  • 25 gr rolled oats
  • 15 gr butter
  • 20 gr dark brown sugar
  • 1 tablespoon rice flour

Start with the streusel. Mix with your fingers all the ingredients and set aside. Soak the raisins in the milk. Blend the bananas with the electic blender and mix with the eggs slightly beaten, malt, sugar and butter. In a second bowl mix the flour, oats, baking powder, cinnamon and the raisins drained (keep the milk aside). Add the dry ingredients to the banana mixture, add the milk and mix quickly with a spoon to combine the ingredients. Pour in a plumcake mould linen with parchment paper, sprinkle the surface with the streusel and bake at 180° C/355° F for 45-50 minutes. Let cool a bit before unmould. banan bread-5

Zucchero di canna o zucchero bianco?

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Mi capita spesso di vedere amiche e amici che scelgono lo zucchero di canna per dolcificare il proprio caffè, credendo di fare un’azione utile per la propria salute. C’è la credenza diffusa che lo zucchero di canna sia più naturale e meno dannoso di quello raffinato, che negli ultimi tempi è particolarmente bersagliato come causa di tutti nostri mali, anche se spesso si tende a dimenticare che tutto sta nella misura delle cose.

Incuriosita da opinioni contrastanti, ho cercato di capire se effettivamente ci sono vantaggi per la nostra salute nel sostituire lo zucchero bianco con quello di canna, e la risposta che mi sono data è no.

Lo zucchero semolato lo conosciamo bene. È quello che troviamo più di frequente, bianco, con i cristalli piccoli e regolari, costituito esclusivamente da saccarosio. In Italia viene prodotto dalla barbabietola, ma esiste anche uno zucchero bianco che si ottiene dalla canna da zucchero, coltivata nei Paesi tropicali.

È invece fondamentale distinguere tra (almeno) due tipi di zucchero di canna, che sono quelli più facilmente reperibili in commercio.
Lo zucchero di canna grezzo è quello di colore bruno-dorato, con cristalli di dimensioni regolari, un po’ più grandi di quelli dello zucchero semolato; il tipo più diffuso è il Demerara. I passaggi produttivi e di raffinazione necessari a produrlo sono praticamente identici a quelli applicati allo zucchero bianco. A volte viene eliminato l’ultimo ciclo di sbiancatura, ma non sempre. In alcuni casi viene effettuato anche quello per poi reintegrare lo zucchero con una parte infinitesimale di melassa, che è quella che conferisce la colorazione bruno-giallognola. Quindi, questo zucchero è praticamente identico a quello bianco.

Lo zucchero bruno (o zucchero di canna integrale), invece, il cui tipo più noto è il Muscovado o Mascobado, subisce qualche passaggio di raffinazione in meno e quindi conserva una parte di melassa e più micronutrienti, ma in proporzione molto molto bassa. Oltre al saccarosio contiene piccole quantità di glucosio e fruttosio. Ha un colore più scuro, granulometria irregolare e tende a fare piccoli grumi a causa dell’umidità. Generalmente viene venduto nel circuito del commercio equo e solidale e, rispetto allo zucchero di canna grezzo, ha un sapore molto caratteristico, con un sentore di liquirizia, dovuto proprio alla melassa. Inoltre ha una diversa reazione all’umidità: tende infatti ad assorbirne di più e quindi rende i dolci e i biscotti molto morbidi e umidi. È un aspetto da non trascurare perché significa che non può essere sostituito indistintamente allo zucchero bianco nelle preparazioni di pasticceria perché rischia di alterare notevolmente sia il sapore che la stabilità e consistenza del vostro prodotto finale.

Dal punto di vista nutrizionale, lo zucchero di canna integrale ha minori percentuali di saccarosio e una composizione più ricca dal punto di vista dei sali minerali, ma si parla di quantitativi così piccoli da essere irrisori in un alimento che non viene consumato in grandi quantità. Inoltre non è certo lo zucchero la nostra fonte principale di approvvigionamento di vitamine e sali minerali. Insomma, non si parla di pasta, nessuno consuma un etto di zucchero al giorno! Idem per quanto riguarda la questione calorica e, quindi, dietetica.

Se affrontiamo la questione dal punto di vista socio-economico, invece, potrebbe avere più senso acquistare zucchero semolato da barbabietola di produzione italiana: avremmo un prodotto che non deve viaggiare per migliaia di chilometri (anche se non proprio a km zero) e aiuteremmo un settore produttivo nazionale attualmente in forte crisi. D’altra parte, ha un senso acquistare zucchero di canna se proviene dal commercio equo e solidale, circuito che dovrebbe garantire benefici per i piccoli produttori indipendenti in via di sviluppo.

Un’ultima considerazione. In merito al processo di sbiancamento dello zucchero semolato, che avviene facendo passare la soluzione nel carbone attivo, credo che sia molto difficile farsi un’idea precisa. Le opinioni sono ancora più discordanti: c’è chi grida che avrebbe conseguenze nocive ed estremamente dannose per la nostri salute e chi invece sostiene che si tratta di processi innocui, comunemente applicati anche in altri settori. Bressanini, per esempio, sostiene che è la stessa cosa avviene in una delle fasi di potabilizzazione dell’acqua dei rubinetti di casa (“La scienza della pasticceria”, p. 21).

In attesa di dati certi (chissà se li avremo mai), è certo buona cosa ridurre il consumo di zucchero giornaliero, perché sappiamo che se consumato in eccesso è dannoso per il nostro organismo e può portare all’insorgere di molte patologie tra le quali il diabete, non a caso sempre più diffuso anche tra i giovani. Le alternative sono molte, dal miele, al malto d’orzo e di riso, passando per sciroppo d’agave e stevia…. Non resta che sperimentare. Io ho già iniziato e nel prossimo post ve ne darò un assaggio!

Per saperne di più:

http://www.guidaconsumatore.com/alimentazione/zucchero-bianco-o-di-canna.html

http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/04/06/miti-culinari-5-le-virtu-dello-zucchero-di-canna/

http://fysis.it/2615/alimenti/conosciamo-lo-zucchero-integrale