Tegamaccio, zuppa di pesce del lago di Chiusi

Altro giro altra corsa sul treno MTC! Questo mese la sfida è stata lanciata da un donna che fatico ad immaginare come una partecipante, perché è chiaro che si tratta di una maestra: Nostra Signora dei Food Blogger Anna Maria Pellegrino.
E signora lo è davvero, in tutto quello che fa. La soggezione, quindi, è ancora maggiore del solito; per farmi coraggio, sono tornata a casa e mi sono rifugiata in una ricetta della tradizione.


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Il tema è il brodetto di pesce, o una zuppa, e si sa che con il pesce io ho poca dimestichezza. Lanciarmi in una ricetta sperimentale senza avere alcuna preparazione di base mi sembrava illogico e presuntuoso, per cui mi sono affidata alla sapienza antica del mio territorio: ne è uscita una bella occasione per mettermi alla prova, e per approfondire un piatto che ho sempre sentito nominare ma – fino ad oggi – mai assaggiato, né tanto meno preparato.

Anna Maria ci ha proposto il brodetto dell’Adriatico, descrivendolo come solo lei sa fare (non è una sviolinata eeeeh!): condito con storia antica e recente, evoluzioni subite nel corso del tempo, spiegazioni dettagliate e attenzione agli ingredienti, che mentre uno legge pensa “ma dai!”, e più legge più si meraviglia di quante cose non sa e alla fine si sente piccino picciò. Ma è dai grandi che si impara, no?

Io ho scelto il tegamaccio, una zuppa di pesce tipica del lago di Chiusi e del più noto Trasimeno.
Giovanni Righi Parenti, ne La Cucina Toscana, dice che tutti i pesci vanno bene, ma ce ne vogliono almeno un paio tra luccio, carpa, tinca e anguilla, e che se l’anguilla è abbondante la zuppa risulta particolarmente saporita. In assenza della tinca, che ormai è diventata piuttosto rara, noi abbiamo messo un persico reale, tipico di queste acque.
E’ una zuppa che ormai potete trovare in pochissimi ristoranti e alla sagra annuale che si tiene ad agosto in una piccola frazione di Castiglion del Lago (Porto), ma che in passato doveva essere molto popolare, anche perché non richiede pesce particolarmente pregiato, ma si può fare con quello che si pescava in giornata.

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In una bella domenica mattina di marzo, così, sono tornata tra le mie colline e mi sono cimentata nella preparazione. Il babbo mi aveva procurato il pesce necessario da un amico pescatore e la mamma lo aveva già pulito tutto (grazie mammina mia!). Senza di loro, dunque, questa ricetta non si sarebbe fatta; e a me è rimasta la parte divertente.

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La ricetta tradizionale, che deve essere cucinata in un tegame di coccio, prevede di mettere le teste direttamente insieme al resto del pesce, ma ognuno ha la propria variante: c’è chi non le usa affatto e chi le tosta velocemente nel soffritto per poi schiacciarle ed eliminarle. Io ho deciso di usare le teste per preparare un fumetto con il quale bagnare il tegamaccio durante la cottura.

Una pentola di coccio sufficientemente grande a casa mia non c’era e abbiamo dovuto ovviare con una in alluminio. Caratteristica del tegamaccio è che non deve essere mai mescolato per non rischiare che il pesce si disfi; durante la cottura basterà roteare delicatamente il tegame tenendolo per i manici.

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Nessuno di noi lo aveva mai preparato, quindi ci siamo consultati un po’ per decidere come fare e poi mi sono messa all’opera. Superate le incertezze lungo il cammino, i piccoli inconvenienti e le scaramucce che sapevo inevitabili nel momento cui condivido la cucina con qualcun’altro, alla fine abbiamo portato a termine il compito.

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Il risultato ci ha pienamente soddisfatto, anche se secondo loro dovevo aggiungere più olio (strano); anche per questo ho indicato una dose piuttosto generosa. Il tegamaccio era buonissimo e il magiare con i miei genitori qualcosa che abbiamo preparato insieme è stato molto  bello, nonostante i “potevamo mettere meno vino” o “doveva ritirarsi un po’ di meno”…se non ci fossero tutte queste osservazioni su quello che mangiamo non saremmo noi!
La degna conclusione è stata una bella passeggiata fatta con mia mamma, fino a quel lago tanto amato, che porto sempre nel cuore.

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Anna Maria ci ha fatto anche le richiesta di parlare di un momento particolare delle nostre vite, quando il cibo ha fatto la differenza. Ci ho pensato a lungo, ma non sono stata in grado di isolare un episodio specifico. Forse perché raccontarmi ancora più a fondo di quanto non ho fatto in questi anni di blog. O piuttosto, a pensarci bene, perché il cibo per me fa sempre la differenza: non riesco a ricordare momenti in cui non sia stato un  protagonista della mia vita, nel bene e nel male, e non riesco a scegliere un singolo episodio.
Quel che mi sento di dire è che sono felice di aver scelto questa ricetta perché, al pari del brustico, è un piatto che parla del mio lago, di quanto sia stato importate nel passato, non solo per le risorse alimentari che poteva offrire, ma anche per le attività artigianali che si svolgevano sulle sue rive. Oggi è vissuto da molti come un elemento marginale e accessorio, è perduta la cognizione di quanto abbia caratterizzato l’esistenza dei nostri nonni e bisnonni e molti prima di loro. Ma la sua bellezza, la quiete che vi si respira, quella non si può dimenticare, ed è la calamita che mi richiama alle sue rive non appena torno a casa.

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TEGAMACCIO

Porzioni: 6       Tempo di preparazione: 1 h       Tempo di cottura: 1 h circa + 1 h 30′ per il fumetto

Ingredienti

  • 1 carpa regina (circa 1,5 kg)
  • 1 luccio (circa 1 kg)
  • 2 anguille
  • 1 piccolo persico reale (circa 400 g)
  • 1 cipolla rossa grande
  • 3 spicchi d’aglio + 1
  • 200 ml di olio extravergine di oliva
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • circa 1 kg di pomodori pelati (va bene anche la passata)
  • 1 carota
  • 1 costa di sedano
  • pepe nero in grani
  • peperoncino in polvere
  • sale e pepe
  • pane casereccio

Procedimento

Lavate, squamate ed eviscerate i pesci. Staccate le teste e tenetele da parte, tagliate il corpo dei pesci a pezzi piuttosto grandi. Fate un soffritto con poca cipolla e olio evo, poi aggiungete le teste ben lavate, fate tostare qualche minuto, coprite con abbondante acqua fredda, aggiungete la carota, il sedano e qualche grano di pepe nero e fate bollire fino a che il liquido non si sarà ridotto della metà. Filtrare, schiacciando bene le teste per ricavarne tutto il succo possibile, e tenete da parte (fumetto).

Tritate l’aglio e il resto della cipolla e fate stufare lentamente con l’olio evo, poi unite i pezzi di pesce, poggiandoli dalla parte della polpa. Fateli rosolare un paio di minuti, girateli delicatamente dall’altro lato e dopo altri due minuti disponeteli con la pelle sul fondo della pentola. Da questo momento non dovrete più girarli. Versate il vino bianco, un po’ di fumetto di pesce e, dopo 5 minuti, i pomodori pelati. Salate, pepate (poco) e fate cuocere una ventina di minuti coperto, poi scoprite, unite il peperoncino e fate cuocere per un’altra mezz’ora almeno. Se si asciugasse troppo potete aggiungere altro fumetto. E’ importante non girare mai il pesce, altrimenti di frantumerà; dovete solo roteare delicatamente la pentola tenendola dai manici. Alla fine deve risultare sugoso ma di un sugo denso, non troppo liquido.

Tostate delle fette di pane casereccio, strusciatele con uno spicchio d’aglio, disponetele sul fondo dei piatti e ricopritele con il pesce e il suo sugo.
Per mangiarlo, ovviamente, servono calma e pazienza, poiché ci sono molte lische: l’ideale per stare a tavola insieme a chiacchierare, senza fretta.
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Note:

  • il tegamaccio di lago non va confuso con l’omonimo piatto a base di maiale, tipico di Prato e del Mugello, e chiamato anche “tegamata”. Questo veniva preparato in occasione dell’uccisione del maiale, con gli scarti e le parti grasse dell’animale, fatte stufare a lungo e cotto con vino rosso, pomodoro e peperoncino.

 

Con questa ricetta partecipo all’MTC n. 55

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Acquasale cilentana

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Un baracchino con assi verniciate di bianco su una spiaggia di sabbia finissima, davanti ad un mare azzurro che più azzurro non si può. Una leggera brezza, il sole a picco ma non bollente, la spiaggia con pochi bagnanti qua e là. Un divano sulla battigia e una compagnia allegra ed assortita.
Siamo ad Acciaroli, località marittima nel cuore del Cilento, una delle tappe del blog tour organizzato dall’AIFB al quale ho partecipato di recente e che presto vi racconterò nel dettaglio.

Sono quasi le due quando Antonella ci chiama per il pranzo, e io accorro affamata e curiosa verso il tavolo sotto la tettoia. Ci ha preparato l’acquasale cilentana, ed è amore al primo sguardo.Acquasale cilentana

Piatti colorati, freschi ed invitanti ci attendono insieme ad una bottiglia di buon bianco gelato, che ben presto sarà solo fresco. Mi siedo, mi riempio gli occhi di tanta ricchezza di colori e già pregusto il sapore. Ma lo scopro diverso da qualsiasi cosa abbia mai mangiato.

Un biscotto di pane croccante, di cui riesco a sentire tutto l’intenso sapore del grano, come non mi accadeva da tempo. Pane giallo di grano duro, che un ottimo olio fruttato rende dorato e rilucente. Il condimento è ricco e saporito: una succosa e candida bufala, due fette di prosciutto crudo e pomodori in quantità. Eppure il mio palato rimane stregato proprio da quel pane rustico e povero ma al tempo stesso intenso, e lo mangio fino all’ultimo boccone, come a volerne scoprire il segreto nascosto.

Acquasale cilentana

L’acquasale cilentana è un piatto povero che usavano consumare i pescatori sulle loro imbarcazioni, le “gianciole”, fino a qualche decennio fa. Spruzzavano il biscotto di grano con acqua di mare e lo condivano con olio e pomodori maturi: con pochissimi ingredienti riuscivano a gustare un pasto saporitissimo.
Nel tempo l’acquasale si è arricchita e oggi viene consumata proprio come un piatto unico da condire a piacimento con gli ingredienti più vari; in questo caso, però, si parla di caponatina piuttosto che di acquasale.

Il biscotto di grano, che in Cilento chiamano “viscuotto”, è un pane di grano duro e grano integrale che viene formato in filoni da 30-35 cm, cotto una prima volta, poi fatto raffreddare, spezzato in fette spesse e cotto di nuovo per molte ore a temperatura bassissima.
Anticamente veniva rimesso nel forno ormai spento e si biscottava con il semplice calore residuo dei laterizi. In questa maniera il pane si conservava per lunghissimo tempo, sollevando le donne dalla necessità di fare il pane ogni pochi giorni; inoltre poteva facilmente essere trasportato nei lunghi viaggi in mare dei pescatori o degli equipaggi che si imbarcavano per commercio.

Biscotto di grano

Sarà per la sua semplicità, per il suo carattere genuino e arcaico che l’acquasale mi è piaciuta così tanto. O forse per averla consumata in riva a quel mare che l’ha inizialmente ispirata all’ingegno dei pescatori. Sta di fatto che me ne sono innamorata e non appena tornata a casa ho voluto provarla nella mia cucina.

Ringrazio Antonella del Lido Le Serre di mare di Acciaroli per averci preparato questa bontà e la Dieta del Cilento per averci accompagnato lungo tutto questo bellissimo blogtour nel Cilento!

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A casa, ho fatto prima una versione basic solo per me: soltanto olio, sale, origano e il succo dei pomodori tagliati e fatti riposare.
Poi, dovendo imbandire la tavola per cena, l’ho arricchita con feta, pomodori a pezzetti e olive taggiasche (avrei voluto delle semplici e più mediterranee olive nere, ma ne ero sprovvista).
Ne abbiamo spolverata una quantità incredibile, ma non è un problema, perché è un piatto salutare e che non appesantisce. Proprio come prescrive quella Dieta Mediterranea che ha la sua patria nel Cilento: carboidrati, grassi buoni (niente di meglio dell’olio extravergine d’oliva, da questo punto di vista) e verdure fresche di stagione. Costo zero e tanta salute!

Acquasale cilentana o caponata

ACQUASALE CILENTANA

Porzioni: 2       Tempo di preparazione: 10 minuti       Tempo di cottura: nessuno

Ingredienti

  • 180 gr di biscotto di grano
  • 300 gr di pomodori piccadilly
  • 100 gr di feta
  • 3 cucchiai di olive nere o olive taggiasche
  • olio extravergine di oliva
  • origano
  • sale

Acquasale cilentana o caponata

Procedimento

Tagliate i pomodori a pezzetti e salate.
Spezzettate grossolanamente il biscotto di grano con le mani e bagnatelo con acqua per pochissimi secondi. Io l’ho immerso in una bacinella e tirato fuori immediatamente, senza nemmeno avere il tempo di lasciarlo con le mani. In alternativa potete “spruzzarlo” con un po’ di acqua dentro ad una ciotola. L’importante è non farlo ammollare, deve rimanere croccante.
Irroratelo di olio evo, poi unite i pomodori, la feta sbriciolata e le olive.
Cospargete con origano (per me, secco), aggiungete sale se occorre, mescolate e servite.

Acquasale cilentana o caponata

Fishburger per l’MTC!

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Quando Arianna ha annunciato il tema della sfida di questo mese, c’è stata una standing ovation collettiva. Grida di giubilo, cori da stadio, entusiasmi sfrenati…a chi non piace l’hamburger?!?
Solo io, forse, sono rimasta sbigottita.
In primis perché è una sfida molto laboriosa, che prevedere diverse preparazioni e, considerati i miei tempi di azione, mi sono immaginata di dovermi chiudere un giorno intero in cucina. Poi perché, avendo molti componenti, mi ha fatto sentire come un topolino impazzito, io che se immagino di combinare più di tre sapori differenti mi sento perduta. E, infine, perché l’hamburger non è nelle mie corde.
Lo stesso aspetto che entusiasma gli altri, a me spaventa. Questa cosa enorme, altissima, che non sai come affrontare e ti guarda minacciosa dal piatto mi metto un po’ di ansia. E’ troppo. I miei morsi non sono quelli voraci e di gusto della Bertuzzi – ahimè. Diciamo che ricordo piuttosto lo sgranocchiare di uno scoiattolo…di poca soddisfazione, lo so. E di fronte all’hamburger ingaggio una lotta visiva, lo studio, ci prendo le misure e poi faccio quello che rischia di farmi radiare dall’albo dell’MTC: lo viviseziono.
Sì, lo confesso: niente morsi famelici che fanno strabordare il contenuto da tutte le parti e ti costringono a leccarti le dita e tutto il palmo della mano facendoti sentire un po’ uomo delle caverne. Io lo mangio con coltello e forchetta, componendo ogni boccone come più mi aggrada. Non fa simpatia, lo so, ma che ci volete fare? Ognuno ha le proprie perversioni.

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Detto questo, non sia mai che salti una sfida! E così mi sono ingegnata.

In questi giorni ho visto burger ricchi, strabordanti, riempiti all’inverosimile, e li ho trovati bellissimi.
Questa è l’essenza dell’hamburger: deve essere esagerato, extralarge, goloso. Io sono riuscita a rendere anemico anche un piatto ricco per definizione. E mi dispiace, lo giuro. Ma quello che cucino lo penso io, io lo mangio, è a mia misura…e quindi non sempre è buono anche per gli altri.
Avrei voluto fare anche io un burger in puro stile foodporn…ma non ce l’ho fatta. E di fronte a orde di mariti e compagni felici per il tema di questa sfida, io sono stata forse l’unica che è riuscita a scontentare anche la sua dolce metà, scegliendo un burger di pesce, e pure light. Escusez-moi.

Ma, come sempre, ci sono anche molte cose positive in questa sfida. Prima tra tutte: i buns! Oh, i buns!! Sono deliziosi!! Soffici, vagamente dolci, avvolgenti, conturbanti…una grande scoperta!

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Poi il fatto che sia stata l’occasione per mangiare un po’ di pesce, che nella mia cucina non abbonda. Soprattutto, provare un pesce per me nuovo. Volevo qualcosa di diverso dal solito tonno o pesce spada, pesci gustosi ma anche molto grandi che, si sa, non andrebbero consumati spesso. E allora mi sono fatta ispirare dal banco del pescivendolo e dalla stagionalità (se non sbaglio, mi pare di aver capito che questo è un buon periodo per la gallinella di mare) e ho fatto la mia scelta.

La gallinella (o cappone di mare) mi ha lasciato molto soddisfatta per il sapore delicato e per la morbidezza ma ho tribolato un po’ per togliere le lische, anche se sono partita da dei semplici filetti. Ho scoperto dopo, infatti, che è un pesce con molte spine e proprio per questo viene spesso usato in brodi e zuppe…ma ormai era fatta! In ogni caso potete sostituirlo con altro pesce dalla carni bianche che sia più facile da pulire, giusto per non complicarvi ulteriormente la vita.

E, infine, il ritorno dell’avocado al quale, dopo poco entusiastici inizi, ho deciso di offrire una seconda chance…e questa volta mi ha convinta molto di più.

In definitiva, un hamburger insolito, poco godurioso ma non completamente da buttare…io me lo sono mangiato di gusto!

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FISHBURGER DI GALLINELLA DI MARE CON SALSA ALLA RUCOLA E ZUCCHINE AL BALSAMICO

Porzioni: 4       Tempo di preparazione: 3 h (buns) + 1 h       Tempo di cottura: 20 minuti (buns) + 30 minuti

Ingredienti

Per i buns:

  • 125 g di farina 00
  • 125 g di farina manitoba
  • 130 ml di latte
  • 20 g di burro
  • 5 g di strutto (per me burro)
  • 5 g di lievito di birra fresco
  • 10 g di zucchero
  • 5 g di sale
  • 1 cucchiaino di miele

per rifinire i buns:

  • 1 uovo
  • 1 cucchiaio di latte
  • semi di sesamo

Per i burger di pesce:

  • 320 g di polpa di gallinella di mare al netto degli scarti
  • 1/2 avocado
  • 40 gr di pistacchi non tostati e non salati
  • 2 lime (il succo)
  • sale e pepe
  • circa 2 cucchiai di pangrattato fine

Per la salsa:

  • 200 gr di yogurt bianco magro
  • 60 gr di rucola
  • 40 gr di pinoli
  • circa 20 fili di erba cipollina

Per le zucchine:

  • 4 zucchine piccole
  • aceto balsamico

Per il contorno:

  • 400 gr di pomodori ciliegini
  • 4 cipollotti freschi
  • 4 rametti di timo
  • olio extravergine di oliva
  • sale

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Procedimento

Per i buns

Intiepidite il latte, scioglieteci il lievito con il miele e fate riposare 10 minuti.
Setacciate la farine, fate una fontana e versatevi il latte amalgamando con un cucchiaio di legno. Unite il burro e lo strutto ammorbiditi, poi il sale e lo zucchero e impastate per circa 10 minuti, finchè non sarà liscio ed elastico. Coprite con la pellicola e fate lievitare dentro al forno spento fino al raddoppio (per me un’ora e mezzo).

Trascorso questo tempo prendete l’impasto, posatelo sulla spianatoia e sgonfiatelo premendolo leggermente con le mani. Dovete dargli la forma di un rettangolo ma senza schiacciarlo troppo.
Adesso praticate le “pieghe“: dividetelo idealmente il rettangolo in tre lembi e portate quello di destra verso il centro, poi quello di sinistra a sovrapporsi a quello di destra. Ruotate di 90° e ripetete l’operazione. Se non mi fossi spiegata bene, vi suggerisco questo brevissimo video…è molto più facile a farsi che a dirsi! Fate riposare così l’impasto per mezz’ora, coperto da un panno e con la parte della piega verso il basso.

Per la foggiatura dei panini vi suggerisco quest’altro brevissimo video, che vi aiuterà a dargli la forma rotonda tipica dei buns. Dividete l’impasto in 4 parti (per avere dei panini di circa 80-90 g) e formatelo uno per uno, basteranno pochi secondi. Disponeteli su una placca ricoperta di carta forno e fate riposare mezz’ora coperti da un panno.

Per la finitura, sbattete l’uovo e il latte con una forchetta e spennellate la superficie dei buns subito prima di infornarli, poi cospargeteli di semi di sesamo (o quelli che avrete scelto). Cuocete a 180° nel forno statico per 18-20 minuti circa.

Per i burger di pesce

Togliete la pelle e le lische dai filetti di gallinella e tagliate la polpa a dadini molto piccoli, irroratela con il succo di lime e tenete in frigo un’oretta.
Tritate i pistacchi grossolanamente con il coltello.
Sbucciate l’avocado e ricavatene piccoli dadini.
Unite i pistacchi e l’avocado alla polpa di gallinella, aggiungete sale e poco pepe nero e tanto pangrattato quanto serve a formare i burger. Io mi sono aiutata con un coppapasta che ho disposto direttamente sulla padella antiaderente calda e poi riempito con il composto, ma potete fare anche a mano, pressando quanto basta per farlo stare insieme. Il mio era alto un paio di centimetri.
Cuocetelo per 5-6 minuti su un lato, poi rimuovete il coppapasta, giratelo delicatamente aiutandovi con una paletta di legno o di silicone e cuocete per altri 5 minuti dall’altro lato.

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Per la salsa

Frullate insieme lo yogurt, la rucola, i pinoli e l’erba cipollina. Assaggiate e aggiungete sale solo se serve. Tenete in frigo fino all’uso.

Per le zucchine

Affettate le zucchine con una mandolina piuttosto sottili e grigliatele per pochi minuti su una piastra o un pentolino antiaderente. Bagnatele con qualche goccia di aceto balsamico.

Per il contorno

Affettate finemente i cipollotti. Tagliate in 4 parti i pomodori ciliegini e mescolateli ai cipollotti, condendo con foglioline di timo e un filo d’olio evo.

Assemblaggio

Scaldate la piastra (o il padellino). Aprite il panino e tostate le due metà sulla piastra, dal lato interno, per meno di un minuto. Spalmate la salsa sulla base del panino, sovrapponete il burger, poi le zucchine e spalmate nuovamente con la salsa. Coprite con la calotta del panino e guarnite con bandierine o stecchini colorati.

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Con questa ricetta partecipo all’MTC n. 49

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