Madeleine allo zafferano e confettura di lampone e la Zima di Firenze

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Che io sia innamorata di Firenze, ormai non è un segreto. Se poi si parla della sua storia e della sua cucina, le suggestioni si sprecano e mi si affacciano alla mente anguste strade medievali, dove passeggiano fianco a fianco ricche dame vestite di broccato accompagnate dalle loro serve, uomini in lunghe vesti alla maniera di Dante, commercianti che si affrettano per concludere i loro affari e apprendisti di bottega che sbrigano commissioni.

Tutto questo mi sono vista davanti, quando mi hanno parlato dello zafferano delle Colline Fiorentine, coltivazione recentemente recuperata e che affonda le radici proprio nella storia medievale del contado fiorentino.
Pianta di origine asiatica, lo zafferano fu portato in Italia nel Duecento da un monaco abruzzese che aveva prestato servizio nel Tribunale dell’Inquisizione in Spagna, dove la pianta era stata introdotta dai conquistatori arabi. In breve tempo lo zafferano si diffuse anche nelle altre regioni, ricercato non solo per scopo alimentare ma anche come farmaco, cosmetico e colorante, e usato anche come merce di scambio.
Lo zafferano fiorentino, allora conosciuto come Zima di Firenze, era già nel Duecento considerato di grande pregio e acquistato dai commercianti di tutta Europa; la città applicava una tassa su quello proveniente da altri contadi al fine di proteggere la produzione locale.

Circa 15 anni fa, 22 produttori si sono costituiti in associazione e hanno stilato un disciplinare di produzione che garantisse un prodotto di qualità. La denominazione Zafferano delle Colline Fiorentine (l’iter per il conseguimento della DOP è alle fasi finali) è legata non solo alla zona e alle tecniche di produzione, ma anche a caratteristiche di colorazione e alla presenza di sostanze specifiche in misura adeguata (il safranale e la picrocrocina), oltre che alla commercializzazione esclusivamente in stimmi tostati, non in polvere.

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Per conoscere meglio questo prodotto e la sua storia, in una soleggiata domenica di gennaio, sono stata invitata alla Rufina, piccola frazione del comune di Pontassieve posta tra le dolci colline ad est di Firenze.
L’Osteria de’ Rufinanti, all’interno del Relais di Pian d’Ercole, aveva preparato per noi un intero menù a base di zafferano, ideato dallo chef Vladyslav Zaykovskyy. Tra una portata e l’altra, pillole di storia, tecniche di coltivazione e proprietà naturali dello zafferano ci venivano raccontate da Giulia, promotrice del Castello del Trebbio, uno dei produttori aderenti al consorzio.

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Mi ha affascinato particolarmente il racconto della raccolta degli stimmi, un’operazione delicatissima, impossibile da meccanizzare e affidata di preferenza ad operatori femminili: fiore per fiore, vengono staccati i tre stimmi rossi, con cautela, senza intaccare gli stili gialli.
Mi sono immaginata di camminare tra file e file di meravigliosi fiori violetti e, in un moto di romanticismo, ho deciso di partecipare alla raccolta del prossimo autunno. Anche se ho la vaga idea che non sia un’operazione priva di difficoltà e fatica, motivo per cui lo zafferano ha un costo così elevato. Per ottenere 1 kg di stimmi servono circa 150.000 fiori…e chissà quante ore di lavoro!

Tra chiacchiere varie, notizie di carattere storico e degustazione di ottimi piatti, il momento del dolce è arrivato in un lampo: un tortino tiepido con crema allo zafferano e su cioccolato fondente al peperoncino (goduria pazzesca!) ha chiuso il pranzo e sono iniziati i saluti.

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Sono rientrata con curiosità da approfondire e tante idee in testa per sperimentare questo prodotto di eccellenza, coltivato a due passi da casa e che finora ho abbastanza trascurato. Ero certa di volerlo impiegare in un dolce, e la scelta è stata difficile. Fermo restando che presto voglio tentare una replica del tortino dello chef (che non sarà mai all’altezza, lo so, ma ci provo), mi sono cimentata in questi pasticcini raffinatissimi, nella loro semplicità: le petite madeleine.

(Sullo zafferano ci sarebbero tanti altri aneddoti e dati da raccontare. Se siete interessati vi rimando all’articolo di Marco, che ho trovato molto completo).

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Questo piccolo dolcetto, grande quanto una noce e dal profumo sublime, è universalmente noto in virtù della citazione che gli riserva il grande Proust, che lo definisce “piccola conchiglia di pasticceria, così grassamente sensuale sotto la sua pieghettatura severa e devota“. Come non essere d’accordo?
Piccole e aggraziate, morbide in virtù della quantità di burro che contengono (sono o non sono francesi?), sembrano proprio modellate su una conchiglia, nella parte inferiore, con la parte superiore rigonfia e invitante. In particolare, Proust usa il termine coquille Saint-Jacques, ovvero la conchiglia di San Giacomo (di Compostela) che i pellegrini diretti al celebre santuario usavano portare cucite sul cappello o sul mantello. E qui potremmo parlare del pellegrinaggio come metafora usata da Proust per riferirsi al suo percorso di ricerca e della conchiglia-madeleine che ne assurge a simbolo…ma forse è meglio lasciar correre e occuparci semplicemente della ricetta.

(In ogni caso, chi fosse interessato può trovare i miei appunti sull’opera di Proust in questa pagina).

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In passato ne ho sperimentati diversi tipi (classiche e al cioccolato, alla lavanda, salate al pistacchio), senza riuscire a decidere quale sia il mio preferito.
In questo caso l’incognita era data dalla quantità di zafferano da usare e in quale modo, visto che non stiamo parlando dello zafferano in polvere ma di quello in stimmi, dall’aroma incomparabilmente più potente ma al tempo stesso più difficile da dosare. Vedrete nella ricetta come ho fatto: il risultato mi è piaciuto. L’aroma si sente quel tanto che basta per non essere invasivo e, secondo me, si accosta bene con l’asprogonolo della confettura di lamponi.

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MADELEINE ALLO ZAFFERANO E CONFETTURA DI LAMPONI

Quantità: circa 45 petite madeleine       Tempo di preparazione: 30′ + 4 h di riposo       Tempo di cottura: circa 40′ totali (circa 4 infornate)

Ingredienti

  • 150 g di farina 00
  • 150 g di zucchero
  • 125 g di burro ammorbidito
  • 2 uova grandi
  • 2 cucchiai di latte
  • 1 cucchiaino di lievito
  • 5 stimmi di zafferano
  • confettura di lamponi

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Procedimento

Fate fondere 50 g di burro con il latte a temperatura dolcissima e mettetevi in infusione lo zafferano per un paio d’ore.
Trascorso questo tempo recuperate gli stimmi con una forchetta e fate un lavoro certosino: divideteli con un coltello in pezzettini più piccoli possibile e mescolateli con il burro ammorbidito (a pomata).
Setacciate le farina con il lievito e tenete da parte.
Con le fruste elettriche montate lo zucchero e le uova per 5 minuti, poi unite delicatamente la farina con una spatola e infine il burro a pomata e quello precedentemente sciolto con il latte (se si fosse risolidificato basta riscaldarlo leggermente per pochi secondi). Mescolate e mettete in frigo per almeno un’ora (ma anche tutta la notte).

Se usate stampini di alluminio, imburrateli bene, per quelli in silicone non è necessario. Distribuite una piccola quantità di composto negli alveoli, poi una punta di cucchiaino di confettura e ancora un piccolissima quantità di composto a ricoprirla. Non li riempite troppo o in fase di cottura fuoriuscirà. Non sarà possibile spalmarlo perfettamente dentro l’alveolo perché l’impasto risulta piuttosto duro, ma in cottura si distribuirà da solo. (Mi è venuto in mente solo adesso, ma potrebbe essere più semplice distribuirlo con il sa-à-poche. La prossima volta proverò).

Cuocete a 220°C per 3-4 minuti circa, fino a quando le gobbette caratteristiche non si saranno formate; allora abbassata la temperatura a 180°C per altri 4 minuti circa. Un buon metodo di controllo consiste nell’osservare i bordi: quando iniziano a scurirsi, sfornatele subito. Devono cuocere pochissimo, così resteranno più soffici.

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Note:

  • Se non avete gli stampini da madeleine, niente paura, potete usare stampini in silicone da muffin (ma meglio se non troppo grandi), allungando i tempi di cottura. Certo, non sarà proprio la stessa cosa!
  • Potete preparare l’impasto il giorno precedente e conservarlo in frigo.

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Florentins

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Fine anno, tempo di bilanci? O di bilance?
Nè l’una nè l’altro, in questi giorni voglio solo stare in pace. A tutto il resto penserò con il nuovo anno, domani, come diceva Rossella O’Hara, eroina della mia adolescenza.

In questi giorni mi va di essere spensierata – più che posso – stare con le amiche, con la famiglia, con me stessa.
Dopo anni, respiro di nuovo un po’ di quel clima vacanziero che caratterizza questo periodo quando siamo fanciulli e, anche se le mie ferie sono finite, mi piace godere del tempo libero come se fossi in vacanza, incontrando amici che non vedo da tempo e cucinando dolci delle feste.

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Questi deliziosi dolcetti sono fatti di mandorle croccanti, qualche candito e un velo di cioccolato fondente alla base.
Si chiamano Florentins, ma a Firenze (e oserei dire anche nel resto d’Italia) nessuno sa cosa siano. Sono invece diffusi due Paesi rinomati per la pasticceria e la qualità del cioccolato: Francia (in particolare in Bretagna, pare) e Belgio, dove ho avuto il piacere di assaggiarli questa estate.
La ragione di questo nome rimane ignota, se vogliamo ignorare la solita leggenda – applicata ormai a un’infinità di dessert – secondo la quale questo dolcetto fu creato da un pasticcere trasferitosi in Bretagna dopo anni di servizio presso la corte dei Medici.

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La prima volta che li ho fatti sono rimasta molto soddisfatta: croccanti e caramellati al punto giusto, senza essere troppo duri. La seconda volta, invece, li ho cotti troppo poco e sono rimasti un po’ molli, e questo non va bene! Almeno la parte esterna deve essere ben solidificata, quindi vi consiglio di fare qualche prova per stabilire i giusti tempi di cottura del vostro forno.

La ricetta è tratta dal numero di novembre 2014 de La Cucina Italiana.

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FLORENTINS

Dose: 10 pezzi grandi (7 cm diametro) o 20 piccoli (4 cm diametro)       Tempo di preparazione: 30 minuti + 1 ora e mezzo di riposo       Tempo di cottura: 15 + 8 minuti

Ingredienti

  • 100 g di panna fresca
  • 100 g di zucchero semolato
  • 120 g di mandorle a lamelle
  • 80 g di canditi misti (per me, arancia e cedro)
  • 30 g di miele
  • 1/2 bacca di vaniglia

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Procedimento

Scaldate la panna con lo zucchero, il miele e i semi di vaniglia a fuoco medio fino a raggiungere 118°C (io ho impiegato circa 15 minuti).
Versatevi le mandorle a lamelle e i canditi tagliati a pezzetti piccoli, mescolate e riempite il fondo di pirottini da muffin in silicone. Fate uno strato sottile solo pochi millimetri e livellate la superficie con il dorso di un cucchiaio.
Infornate a 180°C (ventilato) per 5-6 minuti se gli stampini sono piccoli e 8 minuti circa per gli stampini grandi. Le mandorle devono brunirsi ma senza bruciarsi.
Aspettate almeno un’ora prima di rimuovere dagli stampi.
Temperate il cioccolato (è un’operazione semplicissima, qui vi spiego tutto) e quando ha raggiunto la temperatura di 32°C circa intingetevi delicatamente il fondo dei florentin, fateli scolare un attimo e poggiateli capovolti su carta forno per farli asciugare.

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Mini hand pies con mele e pinoli

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Era così tanto tempo che non postavo qualcosa di dolce!
Be’, non che mi sia astenuta dal mangiarne, ma lasciare queste pagine a corto di zuccheri per più di un paio di settimane mi sembra che equivalga a trascurarle…a farvi mancare delle coccole.

Cerco di recuperare con queste hand pies di derivazione anglosassone, che mi fanno innamorare ogni volta che le vedo in giro.

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Piccole, chiuse e perfette nella loro finitezza, sembrano cantare un inno alla semplicità e all’innocenza.
Si tengono in una mano, senza paura di sporcarsi. A me piace sgranocchiarle a piccoli morsi: prima la crosta friabile e burrosa, poi il ripieno morbido e leggermente umido, annunciato da un soave profumo prima ancora di sentirne il dolce sulle labbra. Infine, un miscuglio delle due consistenze e sapori che si rafforzano e completano a vicenda. Come resistere?

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In sostanza di tratta di un guscio di quella che gli americani chiamano pie dough, gli inglesi shortcrust pastry“e che corrisponde sostanzialmente alla nostra pasta brisèe. Un impasto che di per sè non è nè dolce nè salato, semplicemente a base di farina, burro e acqua.

La dolcezza viene tutta dal ripieno, quindi a voi la scelta di quanto zucchero mettere nella frutta. È molto comune trovare ripieni a base di frutti di bosco, ma in quel caso devono cuocere per un tempo più breve e oltre allo zucchero è buona norma aggiungere anche un cucchiaio di amido di mais per addensare un po’. I frutti di bosco si prestano molto bene perché restano più liquidi delle mele e quando le pie cuociono tendono ad uscire dai forellini superficiali, roba che vorreste aprire il forno e addentarne uno ancora incandescente…cosa da non fare assolutamente!

Con questa dose vengono circa 12 “fiorellini” della diametro di 6 cm…oppure un po’ meno, se decidete di dedicare un po’ di impasto alla persona del vostro cuore 🙂

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MINI HAND PIES CON MELE E PINOLI

Dose: circa 12       Tempo di preparazione: 40 minuti       Tempo di cottura: 20-25 minuti

Per la pasta:

  • 180 gr farina di farro
  • 70 gr farina integrale
  • 120 gr di burro a dadini, freddo
  • 1 cucchiaino di zucchero
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • 7-8 cucchiai di acqua fredda

Per il ripieno:

  • 2 mele Fuji grandi (o 3 piccole)
  • 4-5 cucchiai di zucchero semolato
  • 2 cucchiai di pinoli
  • 1/2 cucchiaino di cannella in polvere
  • succo di mezzo limone

Per la lucidatura:

  • 1 uovo
  • 1 cucchiaio di acqua
  • zucchero semolato (facoltativo)

In una ciotola, mescolate le farine con il sale e lo zucchero. Unite il burro freddo a cubetti e lavoratelo con le mani, strofinandolo per fargli assorbire la farina fino ad avere un impasto slegato e bricioloso. Unite i cucchiai di acqua freddissima e impastate velocemente fino a rendere l’impasto compatto.
Formate una palla, appiattitela, avvolgete nella pellicola trasparente e mettete in frigo per un’ora. Se usate altri tipi di farina può darsi che serva meno acqua di quella indicata, perché la farina integrale richiede più liquidi; per questo versatene un cucchiaio alla volta e fermatevi quando vedete che l’impasto è sufficientemente compatto e uniforme.

Sbucciate le mele, tagliatele a piccoli dadini e bagnatele con il succo di limone.
Fate cuocere insieme allo zucchero e alla cannella in una casseruola coperta, a fuoco basso, per circa 20 minuti. Dovete ottenere quasi una purea.
Tostate i pinoli per un paio di minuti in una padella antiaderente e aggiungeteli al composto di mele a cottura ultimata.

Tirate fuori dal frigo la pasta 10 minuti prima di usarla, così che possa ammorbidirsi nuovamente. Stendetela con un mattarello allo spesso di 2-3 mm; se dovesse attaccarsi al piano di lavoro potete aiutarvi stendendola su carta da forno. Ritagliate le forme desiderate, disponetele su un foglio di carta forno e spennellate i bordi con l’uovo sbattuto insieme a pochissima acqua.
Distribuite un po’ di composta di mele su ciascuna base e coprite con un altro disco di pasta.
Sigillate i bordi premendo con i rebbi di una forchetta. Con un coltello affilato praticate delle incisioni sulla superficie per far fuoriuscire l’umidità in eccesso, poi spennellate con l’uovo e, se volete, cospargete con un po’ di zucchero semolato.
Cuocete a 180° per 20-25 minuti.

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APPLE AND PINE SEEDS HAND PIES

Makes: 12       Preparation time: 40 minutes       Cooking time: 20-25 minutes

For the pie dough:

  • 170 gr spelt flour
  • 70 gr wholewheat flour
  • 120 gr butter, diced and cold
  • 1 teaspoon sugar
  • 1/2 teaspoon salt

For the filling:

  • 2 big Fuji apples (or 3 small)
  • 4-5 tablespoons sugar
  • 2 tablespoons pineseeds
  • 1/2 teaspoon powdered cinnamon
  • juice od 1/2 a lemon

For the glaze:

  • 1 egg
  • 1 tablespoon of water
  • white sugar (optional)

Sieve the flours into a large bowl with salt and sugar. Add the butter and rub it into the flour until it resembles breadcrumbs. Add just enough water to bring the crumbs into pastry dough. Gather the pastry into a ball with your hand.
Wrap the ball of pastry in cling film and leave in the fridge to rest for an hour. Peel the apples and dice them, spilling lemon juice over them to prevent from blackening. Put in a saucepan with sugar and cinnamon and cook, covered, over low heat for about 20 minutes or untile apples are almost a purèe.

Take the dough out of the fridge 10 minutes before using it.
Roll the pastry out on a floured surface until it is 2-3 mm thick.
Cut out circles of pastry using a cookie cutter and place the circles of pastry onto the sheet of parchment paper. Using a pastry brush, brush the edges of the pastry circles with the egg lightly beaten with a bit of water.
Spoon some of the apple compote into the center of each pastry circle and cover with an other pastry circle.
Once you have made all the mini hand pies, gently press a fork around the edges of the pies to seal them. Brush the pies with more egg wash and sprinkle some sugar on top. Using the tip of a sharp knife, pierce a small vent in the center of each of the pies.
Bake at 180° / 355° F fpr about 20-25 minutes.

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