Siamo tournati – Le torte salate e l’MTChallenge in tour

Questa per me è una grande notizia. Chi mi legge con una certa assiduità sa che faccio parte dell’MTChallenge, un gioco che tanto gioco non è, una community di pazzi in cui ogni volta si impara qualcosa di nuovo e ci si diverte insieme.
Una sfida che si rinnova di mese in mese, con il vincitore che sceglie il tema di quella successiva e a partecipare tutte le menti più malate originali del web.

Adesso, una di queste sfide è diventata…UN LIBRO!

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Ancora non ci posso credere.
Gran parte delle ricette della sfida di un anno fa sono finite in questo bellissimo libro edito da Gribaudo (Gruppo Feltrinelli…scusate se è poco), che da oggi trovate in tutte le librerie d’Italia.
Una parte introduttiva con norme, trucchi e consigli per ottenere torte perfette e a seguire un carosello di ricette coloratissime, originali, adatte a tutti i gusti e tutti i palati, che rispecchiano la ricchezza e l’eterogeneità del gruppo dell’MTChallenge, composito e al tempo stesso affiatato e compatto. Impossibile non restarne affascinati, e vi sfido a non averela tentazione di volerle provare tutte!

Le illustrazioni sono frutto del lavoro congiunto della dolcissima Mai Esteve, della cui gioiosa creatività non finirò mai di stupirmi, e del rigoroso Paolo Picciotto, le cui foto mi hanno lasciata a bocca aperta (e dovreste vedere quelle che non sono finite nella pubblicazione!!). Ho avuto la fortuna e l’onore di vederli all’opera in una giornata di dicembre, di aiutarli nella preparazione dei set e delle torte e da allora spero sempre che si ripresenti un’altra occasione, perché è stato divertentissimo e molto utile. Il merito supremo di tutto, ovviamente, è del (poco) platonico demiurgo creatore di tutta la baracca dell’MTC: Alessandra Gennaro. A lei tutti i miei grazie e il mio affetto, e non solo per questa ricetta che vedo pubblicata, ma per molto altro. Sì, perché ovviamente nel libro c’è anche una mia ricetta (questa), di cui sono ovviamente orgogliosissima 🙂

 

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Da non trascurare il fatto che una parte dei ricavati della vendita andrà a Piazza dei Mestieri, un progetto sviluppato a Torino che ha l’obiettivo di aiutare i ragazzi tra 14 e i 20 a sviluppare il loro potenziale, fornendo supporto, formazione, ascolto, il tutto in un ambiente familiare in cui ognuno possa trovare il proprio posto, a discapito delle difficoltà cui la vita li ha sottoposti.

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Per il lancio di un libro del genere, non si può che organizzare un tour in grande stile, ed è quello che faremo! Il giro parte oggi da Milano e toccherà 11 città, per finire il 16 aprile a Catania.
Nell’infografica di Dani e Mai trovate tutte le date del tour e un assaggio dello spirito allegro e goliardico che sottende a tutto l’MTC…impossibile non divertirsi con una squadra così!

Io vi aspetto a Firenze, venerdì 8 aprile alle Feltrinelli RED di Piazza della Repubblica, alle 21. Mi piacerebbe tanto se qualcuno dei lettori di questo blog volesse partecipare!

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Taste Firenze 2016: i miei preferiti

Anche quest’anno sono andata alla Leopolda per curiosare tra le novità di Taste, manifestazione gastronomica che vuole valorizzare le eccellenze artigianali italiane, organizzata dal gruppo Pitti. Produttori di tutta Italia, accuratamente selezionati, sono confluiti a Firenze per far conoscere i frutti del loro lavoro: pasta secca, birra, olio, formaggi e salumi, prodotti ittici, zafferano, dolci e biscotti, in un carosello di gusto che può facilmente stordire il visitatore.

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Oltre al salone vero e proprio, tantissimi sono gli eventi che per 10 giorni richiamano a Firenze gli appassionati di food, e non è un caso se non dico cibo.
Aperitivi, degustazioni, cooking class e cene a tema si susseguono frenetiche, tanto che è difficile scegliere tra le numerose proposte. Ma la sensazione generale è che prevalga l’apparenza, il doverci essere e il farsi vedere.
Al pari delle manifestazioni di moda e tendenze di living organizzate dallo stesso gruppo, in più di un’occasione mi sono trovata tra “gente di un certo livello”, meno interessata a capire l’origine di un prodotto che non a sfoggiare il nuovo paio di decolletè o a sancire relazioni amicali portatrici di prestigio sociale.
Anche per questo ho partecipato poco agli eventi di Fuori di Taste e mi sono concentrata sul salone. Scarpe da ginnastica, zaino in spalla e fotocamera alla mano, anche quest’anno mi sono divertita a scoprire quel che c’era di nuovo tra gli stand, mollando la presa solo quando la folla iniziava a farsi troppo pressante e la capacità di assaggiare, ascoltare e valutare era ormai fiaccata.

Ed ecco quello che mi ha più colpito.

PIACEVOLI  SCOPERTE

  1. Colatura di alici Acquapazza Gourmet. E’ sempre piacevole incontrare qualcuno che ha voglia di raccontarti una storia. E gli operatori dello stand Acquapazza mi hanno spiegato a lungo e accuratamente come avviene la produzione della colatura di alici: eviscerate subito dopo la pesca nel Golfo di Salerno, sono disposte all’interno di botti di castagno, in strati ordinatamente sovrapposti e alternati a sale. Coperte con un peso per schiacciarle, vengono fatte maturare fino a 18 mesi, poi viene praticato un foro alla base della botte e si lascia colare il liquido formatosi, anche per una giornata intera. Un gusto intenso, paradisiaco per gli amanti delle alici e dei sapori forti.Untitled design (4)
  1. Il pesto fresco della storica ditta Rossi di Genova, è un pesto fresco che si conserva in frigo e al massimo per un mese; viene preparato con la procedura tradizionale, nel mortaio, con ingredienti selezionati e certificati: Basilico Genovese DOP, Aglio di Vessalico, Parmigiano Reggiano 24 mesi e Olio Extra Vergine di Oliva.Untitled design (1)
  1. Reale Caciocavallo Ragusano, stagionato in grotta. Per recuperare i sapori antichi di una volta, che la pratica di stagionatura in celle frigorifere ha inevitabilmente fatto scomparire, questi produttori ragusani hanno riportato il loro caciocavallo a stagionare in grotte dalle pareti di roccia e tufo, ottenendo un sapore ricco e complesso che rende inconfondibile questo formaggio a pasta filata.
  1. Con la mia passione per i prodotti da forno non potevo non essere attratta dai biscotti (dolci e salati) Kucino, originali negli accostamenti di ingredienti e dal packaging accattivante, nonché riutilizzabile (deliziosi i barattoli di vetro). Ma quello che mi ha veramente folgorato sono gli snack della linea Albert & Friends, non solo per la grafica in stile dandy ma anche per il picco di sapore elettrizzante. Da rifare, subito, appena avrò finito le scorte acquistate. Ne sentirete riparlare. Untitled design (8)
  1. La mia golosità non ha limiti. E anche laddove si parla di pregiatissimo tartufo, come quello dell’azienda Tartuflanghe, io sono andata a scovare una produzione collaterale dell’azienda che riguarda – pensa un po’ – tartufi dolci. Così buoni, in tanti gusti diversi, graziosamente avvolti nei loro vestitini a righe colorate, ho deciso di comprarli allo shop del salone, sia mai che mi capitasse un calo di zuccheri!
  1. Altra passione insopprimibile sono i formaggi e a Taste c’era di che far girare la testa. Un fascino tutto particolare lo esercitano gli affinatori, ossia artigiani che non producono il formaggio ma intervengono nella fase finale della lavorazione: l’affinamento. E’ quello che fa Andrea Magi, che con passione e costanza sperimenta sempre nuove forme di stagionatura e affinamento, giocando con i materiali, con le specie vegetali, con i tempi, fino ad ottenere formaggi dal sapore unico e articolato, una ricchezza e varietà di scelta quasi imbarazzante.
    Una citazione anche per l’azienda friulana Pezzetta, non solo per i formaggi latteria, il Montasio e le ricotte ma per un fantastico erborinato, il Blu al Ramandolo. Sono piccole forme affinate in tini rivestiti di vinacce di Ramandolo (vino DOCG della zona di Udine) che gli donano delle note dolci, aromatiche, mielate, che associate al gusto strong del formaggio mi fanno impazzire. Untitled design (14)
  2. Interessante la linea di biscotteria gourmet di Le Furezze, laboratorio artigianale in provincia di Verona. Abbinamenti di sapori delicati e bassa percentuale di grassi e zuccheri rendono questi biscotti perfetti da abbinare anche a salumi e formaggi, birre e vini, oltre che ai più tradizionali tè e caffè. Untitled design (6)

LE CONFERME DEI VECCHI AMICI

  • Sapevo che sarebbero stati al salone, ma mi ci sono imbattuta prima del previsto, senza rendermene conto, e rivedere i volti sorridenti di Angela e Simone è stato un gran piacere. Mi hanno salutata come una vecchia amica, anche se ci siamo incontrati una sola volta, quando ho visitato il loro caseificio Il Fiorino di Roccalbegna in occasione di un blog tour di AIFB legato al Consorzio Pecorino Toscano DOP. Il racconto di quella bellissima esperienza e le immagini delle fasi di produzione potete trovarlo qui, mentre con questi biscotti al pecorino e chutney di mango partecipai al contest del Pecorino Toscano.
    Ritrovarli a Taste è stata una piacevolissima conferma, con il loro carico di pecorini dalle etichette colorate e al tempo stesso eleganti, con l’oro della Riserva del Fondatore e con l’instancabile passione che trasmettono a chiunque si fermi ad ascoltare le loro parole. Untitled design (5)
  • Sempre in tema di formaggi, non poteva mancare il Palagiaccio, storica fattoria del Mugello ai cui prodotti mi sono appassionata lo scorso anno, preparando i crostoni di Galaverna e i ravioli alle fave con fonduta di Gran Mugello). La novità dell’anno è l’Oro del Mugello, presentato proprio in occasione di Taste: un erborinato raffinato con frutti rossi, che, posti intorno alla buccia, conferiscono un aroma unico. Di nuova produzione è anche il Galaverna Rosè, formaggio dolce a pasta morbida con muffe nobili e bacche di pepe rosa. Untitled design (9)
  • Altra vecchia conoscenza, il birrificio La Petrognola, di Valle al Serchio in Garfagnana, che ho conosciuto in un altro blog tour AIFB. Birre al farro, al malto d’orzo e alle castagne della Garfagnana, c’è solo l’imbarazzo della scelta.

MENZIONE PACKAGING

Tante, tantissime le confezioni che mi hanno catturata per grafica, colori, design. Inutile negare che il packaging è indispensabile per il successo commerciale di un prodotto e anche i piccoli e medi artigiani puntano sempre di più su questo aspetto. Oltre al noto Sabadì, che già avevo citato lo scorso anno e che continuo a trovare gradevolissimo, mi ha colpito particolarmente quello di Pure stagioni, piccola azienda fiorentina di confetture, vendute in eleganti barattoli di metallo della grafica retrò e dai colori sgargianti: impossibile non notarle!

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EXTRA

Come di consueto, oltre agli espositori di prodotti alimentari, c’era una zona dedicata all’editoria gastronomica, esclusiva di Guido Tommasi Editore e una agli accessori da cucina e da confezione.
Tra questi, sono rimasta incantata dalle creazioni della bottega fiorentina Ratafià: grembiuli, asciughini, contenitori portapane, barattoli, targhe in legno…tutto in tessuti grezzi, materiali naturali e tinte calde ed eleganti ma con pattern scherzosi. Li ho trovati deliziosi e penso che visiterò presto il negozio, visto che si trova così vicino!

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Anche quest’anno tante cose sono rimaste fuori, è davvero impossibile dedicare ad ogni stand l’attenzione che merita. Quindi…sono già in attesta della prossima edizione per ampliare il campo delle conoscenze!

Madeleine allo zafferano e confettura di lampone e la Zima di Firenze

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Che io sia innamorata di Firenze, ormai non è un segreto. Se poi si parla della sua storia e della sua cucina, le suggestioni si sprecano e mi si affacciano alla mente anguste strade medievali, dove passeggiano fianco a fianco ricche dame vestite di broccato accompagnate dalle loro serve, uomini in lunghe vesti alla maniera di Dante, commercianti che si affrettano per concludere i loro affari e apprendisti di bottega che sbrigano commissioni.

Tutto questo mi sono vista davanti, quando mi hanno parlato dello zafferano delle Colline Fiorentine, coltivazione recentemente recuperata e che affonda le radici proprio nella storia medievale del contado fiorentino.
Pianta di origine asiatica, lo zafferano fu portato in Italia nel Duecento da un monaco abruzzese che aveva prestato servizio nel Tribunale dell’Inquisizione in Spagna, dove la pianta era stata introdotta dai conquistatori arabi. In breve tempo lo zafferano si diffuse anche nelle altre regioni, ricercato non solo per scopo alimentare ma anche come farmaco, cosmetico e colorante, e usato anche come merce di scambio.
Lo zafferano fiorentino, allora conosciuto come Zima di Firenze, era già nel Duecento considerato di grande pregio e acquistato dai commercianti di tutta Europa; la città applicava una tassa su quello proveniente da altri contadi al fine di proteggere la produzione locale.

Circa 15 anni fa, 22 produttori si sono costituiti in associazione e hanno stilato un disciplinare di produzione che garantisse un prodotto di qualità. La denominazione Zafferano delle Colline Fiorentine (l’iter per il conseguimento della DOP è alle fasi finali) è legata non solo alla zona e alle tecniche di produzione, ma anche a caratteristiche di colorazione e alla presenza di sostanze specifiche in misura adeguata (il safranale e la picrocrocina), oltre che alla commercializzazione esclusivamente in stimmi tostati, non in polvere.

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Per conoscere meglio questo prodotto e la sua storia, in una soleggiata domenica di gennaio, sono stata invitata alla Rufina, piccola frazione del comune di Pontassieve posta tra le dolci colline ad est di Firenze.
L’Osteria de’ Rufinanti, all’interno del Relais di Pian d’Ercole, aveva preparato per noi un intero menù a base di zafferano, ideato dallo chef Vladyslav Zaykovskyy. Tra una portata e l’altra, pillole di storia, tecniche di coltivazione e proprietà naturali dello zafferano ci venivano raccontate da Giulia, promotrice del Castello del Trebbio, uno dei produttori aderenti al consorzio.

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Mi ha affascinato particolarmente il racconto della raccolta degli stimmi, un’operazione delicatissima, impossibile da meccanizzare e affidata di preferenza ad operatori femminili: fiore per fiore, vengono staccati i tre stimmi rossi, con cautela, senza intaccare gli stili gialli.
Mi sono immaginata di camminare tra file e file di meravigliosi fiori violetti e, in un moto di romanticismo, ho deciso di partecipare alla raccolta del prossimo autunno. Anche se ho la vaga idea che non sia un’operazione priva di difficoltà e fatica, motivo per cui lo zafferano ha un costo così elevato. Per ottenere 1 kg di stimmi servono circa 150.000 fiori…e chissà quante ore di lavoro!

Tra chiacchiere varie, notizie di carattere storico e degustazione di ottimi piatti, il momento del dolce è arrivato in un lampo: un tortino tiepido con crema allo zafferano e su cioccolato fondente al peperoncino (goduria pazzesca!) ha chiuso il pranzo e sono iniziati i saluti.

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Sono rientrata con curiosità da approfondire e tante idee in testa per sperimentare questo prodotto di eccellenza, coltivato a due passi da casa e che finora ho abbastanza trascurato. Ero certa di volerlo impiegare in un dolce, e la scelta è stata difficile. Fermo restando che presto voglio tentare una replica del tortino dello chef (che non sarà mai all’altezza, lo so, ma ci provo), mi sono cimentata in questi pasticcini raffinatissimi, nella loro semplicità: le petite madeleine.

(Sullo zafferano ci sarebbero tanti altri aneddoti e dati da raccontare. Se siete interessati vi rimando all’articolo di Marco, che ho trovato molto completo).

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Questo piccolo dolcetto, grande quanto una noce e dal profumo sublime, è universalmente noto in virtù della citazione che gli riserva il grande Proust, che lo definisce “piccola conchiglia di pasticceria, così grassamente sensuale sotto la sua pieghettatura severa e devota“. Come non essere d’accordo?
Piccole e aggraziate, morbide in virtù della quantità di burro che contengono (sono o non sono francesi?), sembrano proprio modellate su una conchiglia, nella parte inferiore, con la parte superiore rigonfia e invitante. In particolare, Proust usa il termine coquille Saint-Jacques, ovvero la conchiglia di San Giacomo (di Compostela) che i pellegrini diretti al celebre santuario usavano portare cucite sul cappello o sul mantello. E qui potremmo parlare del pellegrinaggio come metafora usata da Proust per riferirsi al suo percorso di ricerca e della conchiglia-madeleine che ne assurge a simbolo…ma forse è meglio lasciar correre e occuparci semplicemente della ricetta.

(In ogni caso, chi fosse interessato può trovare i miei appunti sull’opera di Proust in questa pagina).

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In passato ne ho sperimentati diversi tipi (classiche e al cioccolato, alla lavanda, salate al pistacchio), senza riuscire a decidere quale sia il mio preferito.
In questo caso l’incognita era data dalla quantità di zafferano da usare e in quale modo, visto che non stiamo parlando dello zafferano in polvere ma di quello in stimmi, dall’aroma incomparabilmente più potente ma al tempo stesso più difficile da dosare. Vedrete nella ricetta come ho fatto: il risultato mi è piaciuto. L’aroma si sente quel tanto che basta per non essere invasivo e, secondo me, si accosta bene con l’asprogonolo della confettura di lamponi.

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MADELEINE ALLO ZAFFERANO E CONFETTURA DI LAMPONI

Quantità: circa 45 petite madeleine       Tempo di preparazione: 30′ + 4 h di riposo       Tempo di cottura: circa 40′ totali (circa 4 infornate)

Ingredienti

  • 150 g di farina 00
  • 150 g di zucchero
  • 125 g di burro ammorbidito
  • 2 uova grandi
  • 2 cucchiai di latte
  • 1 cucchiaino di lievito
  • 5 stimmi di zafferano
  • confettura di lamponi

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Procedimento

Fate fondere 50 g di burro con il latte a temperatura dolcissima e mettetevi in infusione lo zafferano per un paio d’ore.
Trascorso questo tempo recuperate gli stimmi con una forchetta e fate un lavoro certosino: divideteli con un coltello in pezzettini più piccoli possibile e mescolateli con il burro ammorbidito (a pomata).
Setacciate le farina con il lievito e tenete da parte.
Con le fruste elettriche montate lo zucchero e le uova per 5 minuti, poi unite delicatamente la farina con una spatola e infine il burro a pomata e quello precedentemente sciolto con il latte (se si fosse risolidificato basta riscaldarlo leggermente per pochi secondi). Mescolate e mettete in frigo per almeno un’ora (ma anche tutta la notte).

Se usate stampini di alluminio, imburrateli bene, per quelli in silicone non è necessario. Distribuite una piccola quantità di composto negli alveoli, poi una punta di cucchiaino di confettura e ancora un piccolissima quantità di composto a ricoprirla. Non li riempite troppo o in fase di cottura fuoriuscirà. Non sarà possibile spalmarlo perfettamente dentro l’alveolo perché l’impasto risulta piuttosto duro, ma in cottura si distribuirà da solo. (Mi è venuto in mente solo adesso, ma potrebbe essere più semplice distribuirlo con il sa-à-poche. La prossima volta proverò).

Cuocete a 220°C per 3-4 minuti circa, fino a quando le gobbette caratteristiche non si saranno formate; allora abbassata la temperatura a 180°C per altri 4 minuti circa. Un buon metodo di controllo consiste nell’osservare i bordi: quando iniziano a scurirsi, sfornatele subito. Devono cuocere pochissimo, così resteranno più soffici.

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Note:

  • Se non avete gli stampini da madeleine, niente paura, potete usare stampini in silicone da muffin (ma meglio se non troppo grandi), allungando i tempi di cottura. Certo, non sarà proprio la stessa cosa!
  • Potete preparare l’impasto il giorno precedente e conservarlo in frigo.

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