Ravioli di patate e carciofi con fonduta di Formai dal Cit

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Questa estate ho incontrato Libera. Era tanto che seguivo il suo blog, una miniera inesauribile di informazioni di prima mano sulla cultura gastronomica (e non solo) friulana, capace di lasciarmi a bocca aperta ad ogni nuovo post.
In luglio, complice un matrimonio triestino, abbiamo combinato l’incontro in un luogo a lei caro: l’agriturismo Borgo Titol, in Val Tramontina, provincia di Pordenone.

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Borgo Titol è quello che ogni agriturismo dovrebbe essere. E’ una fattoria, è un allevamento, è una famiglia che produce salumi e formaggi e li cucina per i suoi ospiti.
Il panorama delle Prealpi è maestoso e placido, un attivo torrente scorre subito sotto alla fattoria e tutto intorno ci sono gli animali che Roberto, il proprietario, alleva. Libera e io ci siamo annusate, un po’ emozionate da questo incontro vis-à-vis (o perlomeno, io lo ero), e dopo una breve esplorazione dell’agriturismo ci siamo sedute ai tavoli all’aperto, nella piccola corte racchiusa dai muri dell’antico borgo, oggi ristrutturato per accogliere gli ospiti.
Un pranzo sostanzioso, a base di prodotti dell’agriturismo: formaggi, pane fatto in casa e salumi, tra cui la famosa pitina, presidio Slow Food. Comune denominatore, l’affumicatura, che caratterizza gran parte dei prodotti tipici di questa zona e che io amo particolarmente. Quel giorno, però, non c’era il formai dal cit e Libera, donna di parola, me ne ha inviato un vasetto per Natale, insieme a tante altre prelibatezze.

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Il formai dal cit è una crema di formaggio vaccino spalmabile, tipica della Val Tramontina, che in passato veniva prodotta per recuperare il formaggio da sapore non proprio impeccabile.
Si prendevano le forme di Montasio o di Latteria mal riuscite, si tagliavano a pezzi e si tenevano a bagno nel latte o nella panna. Una volta scolate, venivano macinate e condite con sale, pepe e erbetinès, erbe spontanee che variavano di vallata in vallata. Praticamente ogni famiglia aveva la propria versione, come sempre accade nei prodotti artigianali. Il formaggio era poi conservato in recipienti di pietra, chiamati cit.
In virtù delle erbe utilizzate ha un sapore pungente, a volte piccante, molto caratterizzato, che io ho amato al primo assaggio. Oggi viene prodotto in piccole quantità e si consuma insieme alla polenta, spalmato sul pane, come condimento per la pasta o per mantecare i risotti. Borgo Titol è uno dei pochi posti dove è stata recuperata questa produzione, anche grazie alla passione di Xiadlei, giovane moglie di Roberto, che oltre ad occuparsi della cucina dell’agriturismo, in bilico tra ricette locali e contaminazioni con l’Oriente, si è appassionata al Formai dal Cit ed è stata parte fondamentale nel suo recupero (qui potete leggere la sua storia).

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Ho pensato di usare il Formai dal Cit in una fonduta per dei ravioli ripieni di patate e carciofi, un abbinamento che ho sempre trovato particolarmente efficace. I ravioli sono una delle cose in cui Libera esplica al meglio la sua fantasia, la tecnica e il senso estetico, oltre che il gusto, e mi piace la coincidenza di aver usato il suo regalo proprio per dei ravioli.

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RAVIOLI DI PATATE E CARCIOFI CON FONDUTA DI FORMAI DAL CIT

Porzioni: 4       Tempo di preparazione: 2 h       Tempo di cottura: 1 h

Ingredienti

Per i ravioli

  • 3 uova medie
  • 300 g di farina circa
  • un pizzico di sale
  • 400 g di patate
  • circa 350 g di carciofi al netto degli scarti (circa 4 bei carciofi violetti)
  • olio extravergine di oliva
  • 1 spicchio d’aglio
  • sale e pepe

Per la fonduta

  • 600 ml di latte
  • 25 g di burro
  • 30 g di farina
  • 80 g di formai dal Cit
  • sale e pepe
  • timo

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Procedimento

Per i ravioli

Lavate le patate e lessatele con la buccia fino a quando, se infilzate con una forchetta, saranno tenere. Sbucciatele ancora tiepide e passatele allo schiacciapatate.
Mondate i carciofi, tagliateli a spicchi sottili, mettendoli via via a bagno in acqua acidulata con succo di limone per evitare che si anneriscano.
In una padella scaldate 2 cucchiai di olio evo con uno spicchio d’aglio diviso a metà, poi unite i carciofi , salate e fate rosolare a fiamma vivace per 2-3 minuti. Togliete l’aglio, coprite e cuocete a fuoco basso fino a che non saranno teneri, unendo poca acqua se necessario.
Una volta cotti, tagliate i carciofi al coltello o passateli con il tritatutto ma cercando di non frullarli completamente. O perlomeno: a me non piace quando il ripieno è completamente liscio, devono sentirsi ancora un po’ i pezzettini.
Mescolate la purea di carciofi con le patate e aggiustate di sale e di pepe.

Fate una fontana con la farina, rompetevi in mezzo le uova, aggiungete il sale e iniziate a sbatterle leggermente con una forchetta, incorporando mano a mano la farina. Passate a lavorare l’impasto con le mani, sul piano di lavoro leggermente infarinato, per una decina di minuti, poi avvolgete la pasta in un canovaccio e lasciate riposare mezz’ora.

Prendete un pezzetto di pasta e stendetela in una sfoglia sottile con il matterello o la macchinetta. Distribuite piccole quantità di ripieno (circa un cucchiaino) a distanza regolare, coprite con un’altra sfoglia di pasta e tagliate i ravioli con un tagliapasta sagomato o con una rotella dentellata. Mano a mano che fate i ravioli disponeteli su un canovaccio pulito cosparso di semola per non farli attaccare.

Per la fonduta

In un pentolino dal fondo spesso, fate sciogliere il burro, unite la farina setacciata e mescolate con una forchetta evitando la formazione di grumi (roux). Versate poi il latte freddo a filo, salate e fate cuocere su fiamma media fino a che la besciamella non si è addensata. Date le proporzioni tra latte e roux, non verrà densissima; io l’ho fatta cuocere circa 15 minuti. Alla fine, unite il formai dal Cit e fate cuocere ancora qualche minuto fino a quando non è completamente sciolto. Aggiustate di sale.

Lessate i ravioli in abbondante acqua salata per pochi minuti. Io ho messo un cucchiaio di olio nell’acqua di cottura per evitare che si attaccassero. Scolate, condite con la fonduta e completate con foglioline di timo e una macinata di pepe.

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Con questa ricetta partecipo a Sedici: l’alchimia dei sapori

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Gnocchi rossi con crema di melanzane e mozzarella di bufala

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Giovedì gnocchi!!

In passato ho fatto gnocchi rosa di semolino, gnocchi con farina di ceci, gnocchi di semola e ricotta…ma gli gnocchi di patate, mai!
Forse perché non sono un’amante del giallo tubero, forse perché ho sempre sentito dire che non è facile farli bene, ma oggi metto fine a questa lacuna. Con degli gnocchi di patate che racchiudono i sapori dell’estate che amo di più: pomodoro, melanzana, basilico…e mozzarella di bufala.

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Gli accorgimenti principali per ottenere degli gnocchi degni di questo nome li ho desunti dalla fantastica Simona, che come al solito dà spiegazioni chiare e dettagliate.
In sintesi, l’essenziale è avere delle patate vecchie, farinose, possibilmente a pasta bianca, che non contengano troppi liquidi. Il punto degli gnocchi, infatti, sta tutto nel giusto bilanciamento della parte acquosa. L’ideale sarebbe mettere meno farina possibile, affinché gli gnocchi rimangano più teneri e dal sapore di patata più spiccato, ma il rischio è che si disfino in cottura. Il problema si può parzialmente risolvere aggiungendo un po’ di uovo, ma non troppo altrimenti rimangono gommosi.

Riassumendo

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Vi consiglio di preparare sulla spianatoia la quantità massima di farina che volete usare (in genere, 300 g per ogni kg di patate) e di aggiungerla poca per volta, così da poterla dosare ed evitare, se potete, di metterla tutta. Io ne ho usata meno del previsto e ho aggiunto un pochino di uovo sbattuto giusto per paura che gli gnocchi non tenessero la cottura. Come sempre, dovrete regolarvi al momento.

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gnocchi pomodoro bufala e melanzane

GNOCCHI ROSSI CON BUFALA E CREMA DI MELANZANE

Porzioni: 2 abbondanti       Tempo di preparazione: 40 minuti       Tempo di cottura: 20′ + 30′ + 5′

Ingredienti

Per gli gnocchi:

  • circa 500 g di patate bianche farinose pesate con la buccia
  • circa 120 g di farina 0
  • 1 cucchiaio di uovo sbattuto
  • 1 cucchiaio di triplo concentrato di pomodoro
  • sale

Per il condimento:

  • 150 gr di mozzarella di bufala (con il suo liquido di governo)
  • 1 melanzana scura, grande (circa 400 g)
  • 10 foglie di basilico
  • 1 cucchiaio di parmigiano grattugiato
  • 1 spicchio d’aglio
  • circa 100 ml di latte
  • olio extravergine d’oliva
  • sale

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Procedimento

Per la crema di melanzane:

Lavate la melanzana, tagliatela a metà nel senso della lunghezza e mettetela su una placca da forno con la parte del taglio rivolta verso l’alto, bucherellandola un paio di volte con una forchetta. Coprite con un foglio di alluminio e infornate a 180° ventilato per 15-20 minuti. La polpa deve essere morbida.
Togliete dal forno, avvolgetele completamente nell’alluminio e fate riposare 10 minuti, dopo di che sbucciatela.
Scaldate un cucchiaio di olio con lo spicchio d’aglio diviso a metà, unite la polpa di melanzana tagliuzzata, salate appena (perché il parmigiano e l’acqua della bufala apporteranno già sale sufficiente) e fate soffriggere leggermente per qualche minuto.
Togliete l’aglio, aggiungete le foglie di basilico intere e passate al mixer ad immersione unendo il parmigiano, il latte e alcuni cucchiaio del liquido di governo della mozzarella. Aggiungete i liquidi un poco alla volta, regolando la densità della crema a vostro piacere.

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Per gli gnocchi:

Lavate le patate, sistematele in una capiente pentola di acqua fredda, portate ad ebollizione e fate bollire (dolcemente, altrimenti si rompe la buccia ed entra acqua) per circa 30 minuti. Il tempo dipende dalla dimensione delle patate, sono pronte quando con la forchetta riuscite ad arrivare al cuore (ma cercate di fare la prova su una sola patata, per evitare che penetri troppa acqua all’interno).
Scolatele, sbucciatele ancora calde tenendole ferme con una forchetta e passatele allo schiacciapatate (io prima nei fori grandi e una seconda volta in quelli piccoli). Fate intiepidire la purea per pochi minuti.

Versate la pure sulla spianatoia dove avrete sistemato la farina, aggiungete un po’ di sale e iniziate ad impastare. Subito dopo unite il concentrato di pomodoro, cercando di far sì che si distribuisca bene in tutto l’impasto. Lavorate per pochi minuti, unendo quasi verso la fine e solo se ce n’è bisogno un po’ di uovo sbattuto.
Prendete un po’ di impasto per volta. Infarinate leggermente la spianatoia, formate un rotolino del diametro di 1 cm circa e con un coltello tagliatelo in segmenti di 2 cm. Passate ognuno degli gnocchetti nell’apposito rigagnocchi, facendo una leggera pressione con il pollice in modo da imprimere i solchi; in alternativa potete usare i rebbi di una forchetta, o anche semplicemente lasciare gli gnocchi lisci. Procedete così fino ad esaurimento dell’impasto, ponendo gli gnocchi sopra ad un canovaccio, dove li lascerete riposare per 20-30 minuti (non troppo di più altrimenti si seccheranno).

Tagliate a dadini la mozzarella di bufala.

Portate ad ebollizione abbondante acqua poco salata, tuffate gli gnocchi nella pentola, pochi per volta, e non appena tornano a galla recuperateli con una schiumarola, fateli scolare un momento e poggiateli delicatamente in una ciotola sul cui fondo avrete già messo un cucchiaio di crema tiepida di melanzane. Versatevi un po’ di olio evo, altra crema, i dadini di bufala e mescolate delicatamente. Servite tiepidi, guarnendo con qualche fogliolina di basilico.

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MARE CALMO – Insalatina di seppie e piselli con purè al nero di seppia

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Questa ricetta nasce per un contest speciale, quindi preparatevi che oggi la faccio lunga. Non dite che non vi avevo avvertito!

Il contest è stato indetto dalla rivista on line “Taste and more” (splendida per foto e spunti creativi) ed ha per protagonista l’impiattamento, ossia il modo di disporre i vari componenti della pietanza sul piatto. La presentazione, insomma.
L’ho trovato molto stimolante perché, anche se solitamente si tende a preparare dei piatti belli da vedere, in questo caso veniva richiesta una cura particolare. Un’idea progettuale da realizzare attraverso il cibo, un’attenzione estrema a colori, forme, consistenze, pieni e vuoti dell’insieme.
Per questo le foto non hanno nessun altro elemento tranne che il semplice piatto: è lui il protagonista.

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Mi sono resa conto che creare un piatto visivamente equilibrato e accattivante è molto più arduo di quanto si pensi. Gli elementi da ponderare sono molti ed è difficile padroneggiarli tutti, soprattutto se, come me, ci si cimenta per la prima volta. E tuttavia sono contenta di aver provato perché è un contest che mi ha stimolato moltissimo.

Per la mia proposta ho scelto un piatto di pesce, che associo spontaneamente alla stagione primaverile/estiva. Pesci semplici da mangiare, senza lische, senza ostacoli. La scelta è caduta sulle seppie, in un accostamento classico con i piselli, leguminose tardo-primaverili, che con i loro fiori delicati e i piccoli frutti verdissimi sembrano un inno al rigoglio della natura.
Pensando alla disposizione su un piatto bianco ho pensato di creare un contrasto cromatico con il nero di seppia, che staccasse sul fondo e facesse risaltare gli altri ingredienti. Alla texture consistente delle seppie, e a quella vagamente croccante dei piselli (che ho volutamente evitato di stracuocere per mantenerli più turgidi e verdi), ho associato così un elemento cremoso e morbido come il purè di patate – che a giugno iniziano a comparire sui banchi dei mercati – ma tingendolo di un colore insolito che incuriosisse il destinatario del piatto.

Il sapore complessivo mi è sembrato armonioso, delicato, fresco ma saporito; il purè mi ha veramente conquistata perché, lungi dal sopraffare il sapore delle seppie, contribuisce ad esaltarlo in maniera sfumata, come un sottotono musicale.

Per quanto riguarda la disposizione sul piatto…be’, devo ammettere che ci ho pensato parecchio! Ho fatto moltissimi schizzi e bozze (orrendi, date le mie capacità artistiche), ma senza avere sott’occhio il colore reale degli ingredienti e la loro consistenza era difficile immaginare l’effetto finale e, di conseguenza, scegliere.
Alla fine mi sono decisa per una disposizione che sembrava accordarsi bene con la pacata leggerezza di questo piatto. Volevo gli ingredienti ben distinti e riconoscibili, in modo da valorizzare ognuno di essi nel tono cromatico e nella forma. Una disposizione semplice e pulita, un piatto sgombro, che desse una sensazione di ordine. Al tempo stesso, però volevo evitare un’eccessiva simmetria – alla quale, mio malgrado, sono solita tendere. Per questo, per esempio, ho inserito il ricciolo di seppia nell’angolo del piatto: un particolare piccolo ma sufficiente, a mio parere, a spezzare la regolarità dell’insieme.

Un altro caposaldo che mi ha guidato era la volontà di realizzare un piatto facile da mangiare, eater-friendly, dove con una forchettata si potessero abbracciare tutti gli elementi per assaporarli assieme, come mi sembra logico in un piatto che non voglia essere solo la somma slegata di un certo numero di preparazioni. In questo caso, mi sembra che il risultato sia stato raggiunto: sono io stessa la testimone, che mi sono gustata con facilità questo piatto, senza neanche bisogno del coltello.

Trattandosi di pesce, nella mia composizione volevo richiamare in qualche modo il moto marino, ma di un mare profondo, quieto e pacifico. Così, ho deciso di disporre il purè sotto forma di pennellate lisce, come onde di un mare calmo e regolare, nel quale tante piccole seppioline scivolano, cullate in un placido moto perpetuo. I pisellini, invece, mi ricordano un prato. Cosa c’entra la profondità del mare con verdi prati? C’entra. Perché uno dei miei luoghi del cuore è un affaccio sulle Highlands scozzesi dove, in un primo mattino sereno e senza vento, ho visto un prato a ridosso del mare, immediatamente contiguo alla spiaggia. Un prato dove mille margheritine e vividi fili d’erba si protendevano fin quasi nelle acque salate, in una commistione tra le più insolite che abbia mai visto.

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L’idea iniziale era di inserire altri elementi di contorno, per riempire e ravvivare il piatto, ma il progetto iniziale si è poi adattato alle impressioni avvertite mentre il risultato concreto si formava sotto ai miei occhi. Avevo pensato a gocce di composta di pomodoro, ma mi sono resa conto che il rosso avrebbe creato troppo contrasto, un effetto arlecchino che non mi piaceva. Poi ho pensato a dei pinoli, il cui color avorio avrebbe richiamato il bianco delle seppie. Infine a delle foglioline di timo, il cui sapore si sarebbe accordato bene al resto. Ho fatto anche delle prove, reversibili, ma alla fine non ero convinta, e in nessun modo volevo inserire elementi che fossero solo estetici, non funzionali al gusto del piatto.

A guardarlo adesso, penso che forse avrei potuto aggiungere qualcosa che completasse il tutto, ma più elementi si introducono, più è difficile armonizzarli e mantenere l’equilibrio dell’insieme, per cui non ho voluto strafare. Del resto, in qualsiasi ambito la mia tendenza innata è di ridurre, sottrarre, semplificare. A volte la combatto, provo a forzarmi, ma vince sempre lei. Per me, less is more. E se questa doveva essere la mia proposta di impiattamento, posso dire che in così, almeno, mi rispecchia appieno.

MARE CALMO – Insalatina di seppie e piselli con purè al nero di seppia

Dose: 2 persone       Tempo di preparazione: 4o minuti      Tempo di cottura: 40′ + 20′ + 10′

  • 4 seppie di piccole dimensioni (circa 450 gr)
  • 2 spicchi d’aglio
  • 200 gr di piselli freschi sgranati
  • olio extravergine d’oliva
  • sale

Per il purè:

  • 2 patate di medie dimensioni (circa 300 gr)
  • 1 confezione di nero di seppia (se non avete quello delle seppie)
  • 30 gr di burro
  • circa 50 ml di latte
  • sale

Pulite le seppie eliminando il rostro e la sacca interna, tenendo da parte il nero. Tagliate i tentacolini, poi aprite la sacca e rifilatela a formare un rettangolo. Praticate delle incisioni parallele al lato lungo con un coltello affilato tenuto a 45° e poi tagliateli a striscioline sul lato corto. Questo tipo di taglio vi consentirà di avere una sorta di ricciolini una volta cotti. Altrimenti potete semplicemente tagliarli a striscioline o ad anelli, in questo caso senza prima aprire le sacche.

In una casseruola, scaldate l’aglio privato del germe interno, poi rimuovetelo e versatevi le seppie tagliate a pezzetti. Fate cuocere a fiamma media per circa 10 minuti.
In un pentolino, cuocete i piselli con poca acqua, scoperti e a fiamma vivace, aggiungendo acqua quando serve e salando a metà cottura. In base alle dimensioni dei piselli serviranno circa 20-25 minuti. Io ho preferito cuocerli un po’ meno del solito per evitare che si avvizzissero e mantenessero così la loro freschezza

Sbucciate le patate e lessatele in abbondante acqua salata finché non sono tenere. Schiacciatele ancora calde e mescolatele con il burro, il latte e il nero di seppia. Aggiustate di sale. Se volete ottenere una consistenza perfettamente cremosa, passatele con il frullatore ad immersione.

Per la realizzazione del piatto ho disposto tre piccole cucchiaiate di purè sul piatto e le ho distribuite con un pennello da cucina, rifilando i bordi. All’inizio della pennellata ho disposto due archetti di seppie e, a metà, mezzo tentacolino. Ho distribuito i piselli e…il piatto era pronto.

Ovviamente, al di là del contest, il piatto può essere presentato in maniera tradizionale, unendo i piselli alle seppie a fine cottura e accompagnandole con il purè.

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Con questa ricetta partecipo al contest “Bello e buono” di Taste&More

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